sabato 9 agosto 2014

SLOW BEACH

Ora

...F-F-F-F-F-ORZAAA RAGAZZI FATE L'AMORE NON FATE LA GUERRA! IL VOSTRO DJ HERPEEEES DIRETTAMENTE DA CASTIGLIOOONEEE MESSEER MAAARINOOO VI FARA' SCATENAR.. EHI BELLA BIONDINA, SAI COME DICE IL PROVERBIO? BELLA BIONDA BEATO A CHI SE LA... E IL-IL-IL FINAAAALE NON SI PUO' DIIIREEE. FORZA A TUTTI I MASCHIETTI O-LE-LE O-LA-LA FACCELA VEDE' FACCELA TOCCA'!...”

Ma dove sono capitato, mi chiedo.
Ma uno si può rilassare, mi chiedo.
Ma dove minchia è finita la gende normale, mi chiedo.
Pensavo di essere in Abruzzo e invece mi trovo nell'Abruzzo che scimmiotta la Romagna che scimmiotta Ibiza, non quella spagnola, ma un'ipotetica Ibiza al Mare in provincia di Vibo Valentia (col massimo rispetto per la movida della costa vibonese).

Leggerò un po' il libro. “Ma che cazzo te leggi, ci sta il karaoke, troppo fregno!”
Proverò a fare un bagno, via giù. “Quale nuotata, devi stare sul bagnasciuga seduto sulla sdraio con il mojito in mano e fare commenti senza senso sulle pseudo-fregne che passano!”
Prenderò il sole. “Che te metti la crema?! Ahahaha come li vicch!”
Magari mangio qualcosa. “EH? Un pacchetto di patatine e una birra 9 euro?”
Facciamo un sabbione (leggasi partita di calcio)? “Che? Ma tu si scem, c'è l'aperitivo on the beach con spritz a soli 6 euro, cubiste scazzate e musica improbabile a tutto volume che te rincojonisce in mezzo minuto, non lo possiamo perdere!”.
Farò un pisolino. “FFFFFFORZA! VIETATOOO DORMIREEEE! TUTTI A BALLAREEE COL SINGLE PAAARTY! TUTTI I SINGLE DEVONO B-B-B-BALLARE E CONOSCEREEE SEDUCEEENTI DONZELLEEEE!” 
Ma io voglio dormì!
N-N-N-OOOON SI PUOOOOOOO!”

Condannato al divertentismo coatto (qui la parola coatto, che sia aggettivo o sostantivo, è da declinare in tutti i suoi significati).
Vorrei un po' di pace, vorrei farmi li cazzi mia, ma... “Ma a Ibiza fanno così!”
Ma a me Ibiza fa cacare.
Mi sento fuori luogo, fuori contesto, un pesce fuor d'acqua perché in acqua c'è un dj che pompa musicademmerda e un vocalist che urla frasi sconnesse come un ossesso.
Non è mare, non è più il mio mare.
Come nostalgicamente l'ho sempre ricordato.

Prima

Che poi quando ero piccolo e leggevo, anzi divoravo, Topolino su Topolino, l'idea iconica d'estate era la pubblicità del Calippo (e non fate battute, cretini) su quel giornalino: semplicemente delle palme, una spiaggia, il mare e quella ancestrale conoscenza di posti esotici, delle Maldive, Seychelles, Polinesia, insomma Tropici e Caldo, senza Messico, senza nuvole.
Io invece andavo al Lido Riccio.

Mi sa che ho sbagliato pubblicità


Mano fuori dal finestrino, acchiappando il vento, guardo dal basso del mio metro e un barattolo il cielo terso e sempre più blu, che ai tempi non era una canzone ma una tipica domanda scassaminchia per mia madre: “mamma perché il cielo è sempre più blu? Mangia scimunito!” e via coppino in testa.
Non mettere la mano fuori il finestrino! Che poi passa una macchina in senso contrario e ti stacca il braccio e poi lo andiamo a raccogliere a Cuppitell!”

Bravissimo! Quello è un cavallo! Un punto per Antonfabio!
Pfffff, vabbè, mi accontenterò del cielo e di parlare a vanvera, facendo domande ed interventi a vanvera: guarda una pecora, un cavallo, guarda la casa di quello dell'Inghilterra che viene in vacanza qua come si chiama? Robert. Ah, vero, Bomber. Dov'è l'Inghilterra? È bella l'Inghilterra? Ci andiamo in Inghilterra?, perché sbagliano a mettere il volante in Inghilterra? guarda un'Alfa Romeo (non so il motivo, ma da bambino conoscevo tutte le automobili, ora faccio fatica a distinguere una Punto da una Lamborghini), guarda la vite la vite e la vite l'è bela.
Lo sguardo di mia madre dice tutto. O per lo meno "come si spegn' fijim".
Poi crollo, colpito da narcolessia infantile e me schioppo un 10 minuti di sonno, a mo' di siesta. Sarà che la Volkswagen Scirocco arancione di Zio Emilio mi culla e mi inonda di brezza e di estate, facendo leva sul nome ventoso.



Arriviamo al nostro stabilimento, un hotel, l'Hotel Katia, che ha più un nome da motel di battone sulla strada della bonifica, ma tant'è.
Ho il mio secchiello e la mia paletta, gli altri tre, mia madre, mio zio e mia zia tutto il resto, tipo un punto vendita Giochi Preziosi, da portare preferibilmente con carriola.
Ombrellone.
Domandone.

Posso fare il bagno?

No, devi aspettare tre ore tre (anche se hai mangiato mezzo tozzo di pane), devi digerire ché l'acqua è fredda  e poi arriva al pancino e ti senti male, come è successo al (fantomatico) cugino di P'ppin di lu Firrar (nome fittizio) che è dovuto andare il bagnino a riacchiapparlo come un pescatore di frodo acchiappa un cannolicchio sotto la sabbia.
Insomma, fin dagli anni '80, c'è un virtuale cugino scemo di qualcuno (sempre lo stesso) termine di paragone dell'inettitudine alla vita. Lo stesso cugino scemo che ha perso l'occhio per un pezzo di carta sputato dalla penna, che si è tagliato con le forbici con la punta arrotondata e che una volta è morto.
Non sapendo quanto siano tre ore, gioco creando piccoli cantieri per la costruzione di castelli e edifici che hanno tutti una particolarità: crollano al primo muro abbozzato.
Nulla di diverso da un vero cantiere italico.
Oppure c'è l'opzione fare il buco per l'acqua, ovvero dover scavarescavarescavarescavarescav'resc'v're per trovare l'acqua. Di solito scavo così tanto che mi vengono a riprendere speleologi di fama internazionale. Più semplicemente mi alzano dalle orecchie, un'orecchia per parte, mi' madre e mi' zia e giù mazzate e minacce sulla possibilità di futuri bagni in mare.
Posso fare bagno? No. Ora? No.
Pffff. Và, giochiamo con i mammocci (pupazzi) dei Cavalieri dello Zodiaco, inventando la saga dei “Cavalieri dello Zodiaco VS i cavalieri della costellazione dell'arrosticino incattiviti dall'aspettare di farsi il bagno”

Mannaggia sanda! Vulem fa lu bagn!

Oppure ci si ingegna e si cercano bambini che giocano. Io non chiedo di giocare ché mi vergogno e aspetto fermo come uno stoccafisso guardando a testa bassa la sabbia e facendo il bimbone che più speciale non si può.
La scena che si crea è pressapoco questa (trentesimo secondo di video):



Posso far... NONE(il none in abruzzese è il rafforzativo del no).
Segue sguardo da Gatto con Gli Stivali.
Forse mammuzza cede.
Dai corri fino a lì e torni qui, fallo per 10 volte.
Dove il lì corrisponde a circa mezzo chilometro di distanza.
Il piccolo me, paffutello e già (in)sofferente a qualunque sforzo aerobico, corre corre corre come un piccolo Foresto Gampo dell'Adriatico, ansimando e rischiando un prematuro infarto, ché a quanto pare sarebbe più figo morire a quattro di spade faccia sulla sabbia colpito da collasso cardiorespiratorio che in mezzo all'acqua sotto i colpi di una congestione (“Sà mio figlio è collassato in spiaggia. Eroe! Vs “Mio figlio ha avuto una congestione in mare. Che mezzasega!”).

Bagno bagno bagno bagno bagno

Quando riesco a finire la mezza maratona avrei bisogno di sali minerali, invece è l'agognata ora del bagno. Da fare con l'acqua che ti arriva sugli stinchi, i “nooooo nell'acqua alta” (il concetto di alto è molto aleatorio) e con la supervisione di mamma e zia che alla prima infrazione urlano il tuo nome, facendo sapere a tutta la spiaggia che hai osato bagnarti i femori.
Finisco il bagnetto e si mangia o focaccia/pizzetta, comprata poco prima al forno, o gelato Motta, cercando di ottenere il maggior rapporto quantità/prezzo.
E poi si sta sotto l'ombrellone, in silenzio, senza trambusto, godendo del mare, senza selfie alle gambe/wurstel, senza dj e vocalist che te rincoglioniscono e il divertentismo forzato che ne deriva.

Il mare, la spiaggia, erano una sorta di spontaneo rifugio del corpo e dell'anima.
Cerchi pace, la trovi, ti ristori, ricominci in seguito con la vita non estiva di sempre.
Poi ovvio che non tutti vogliono rilassarsi al mare, che non a tutti faccia schifo la combo dj-vocalist-musica del cazzo a tutto volume.
I gusti son gusti.
I miei son questi.
Si sta perdendo (non dappertutto) il mare come lo conoscevo io.
Quello "lento".
Lo slow beach.
Tiè senti che neologismo.