martedì 28 ottobre 2014

DUE O TRE COSE CHE SAPEVO DI LEI (tipo gli occhi alla Diane Keaton)

...e poi è tutto un ricordare le cose meglio di com'erano davvero di quando avevamo qualche anno di meno...”

Vado al cesso và.
Maremma se me scappa, veloooce, ops, scusa, scusami, permesso, sei in fila per il bagno no, tu nemmeno e sono arrivat... minchia 200 persone.
E ora come fò?
Leggo gli articoli attaccati fuori la porta scorrevole del bagno bramato, articoli che già conosco a memoria, tipo quello, del Manifesto, sul posto occupato anni fa a Cosenza.
Ogni tanto mi chiedo chissà che fanno a Cosenza, chissà se quel posto occupato è ancora occupato a Cosenza, chissà se in questo momento il cesso di quel posto occupato a Cosenza è occupato.

Dai dai, sbrigatevi, jam su.
Esce dal bagno una tipa: capelli neri rasati ai lati, coda a chignon (fino ad un anno fa la chiamavo a chiffon, dire che secoli addietro ce l'avevo pure io), un po' punkettina, piena di anelli, di cui uno al naso, e bracciali, con gli occhi tristi, all'ingiù, di quelli che piacciono a me, come Diane Keaton.
Per il sottoscritto, uno dei termini di paragone per definire il concetto di bellezza: gli occhi alla Diane Keaton.
Mi guardo, la guardo, minchiaguardi.


prego, notare particolare occhi

Ciao... (esitazione alla oddì come cazz si chiama) Fabio.
Uè ciao grande (e qui potrei scrivere fiumi di parole sull'uso dell'aggettivo “grande” come sostitutivo, a volte, del nome), come va?
Bene dai, tu?
Tuttappò.
(silenzio)
Io esco che devo raggiungere gli altri, ciao.
Ciao.

Chi sei? Come sai il mio nome?

La guardo allontanarsi schivando la folla: ha un piercing sulla nuca (il cosiddetto “cozzetto”), una sbarra metallica.
Il piercing al cozz... alla nuca, gli occhi alla Diane Keaton, il dialetto centro-italico non abruzzese (ché per me esistono il dialetto abruzzese e il non dialetto abruzzese, cioè il resto delle lingue e dei dialetti della Terra).

Se tre indizi fanno una prova, provo a spremermi le meningi, non troppo che sennò mi piscio sotto.

Il ricordo, rimosso dagli anni, dal poco tempo in cui l'ho vista e dal fatto che lei è “leggermente” cambiata (cambio di taglio, colore capelli, stile, chilo nel senso che avrà preso quindici chili), riaffiora.

Tu non sei una cosa seria, ma nemmeno una semplice scopata.

Che sarebbe come a dirsi non sei né carne né pesce.
Il veganesimo applicato all'amore/sesso.

Ma io veramente voglio solo trombà, pensavo.
Però, in fondo, per quei due mesi di pseudo-quasi-ogni tanto-rapporto, mi piaceva.
L'ho conosciuta per strada, davanti al Contavalli, parlandole non so per quanto tempo di un film che lei stessa mi aveva appena nominato: Rushmore.

yeaaaaah!

UUUUUUUUUUUUUUUU rushmore, graaande conosci rushmore il film più sconosciuto di Wes Anderson! E vai lì a parlare di trama, di Bill Murray, di Jason Schwartzman, dei movimenti di macchina, di tutta la filmografia di Wes Anderson, insomma a ruota libera, con gli occhioni (esclusivamente i miei) sognanti.

Ecco, lei invece mi aveva nominato Rashomon di Akira Kurosawa.


ops, scusa

Ah.
Scusa.
Non sai chi sia Wes Anderson.
Scusami tanto, non volevo, scusami.
A Gondry come sei messa?
Ghostbusters? L'omino dei marshmallow?
Il Verdone anni '80? Niente?
Vabbé almeno Vacanze in America che te faccio tutto il repertorio de Don Buro?

che te ridi, nun conosce nemmeno te

Io avevo una sciarpa viola, di quelle pesanti, di lana, fatta a mano. Me l'aveva appena prestata un mio amico troppo sbronzo per portarla e troppo impegnato a dire puppami la fava a tutti i passanti del centro (sempre per via della già citata sbronza).
Io la prestai a lei: Non la voglio. Tienila, fa freddo, tira un bella zizzola. Che? Un venticello bastardo. Non mi serve comunq... vabbè dai dammi 'sta sciarpa.
Quando vuoi rivedere qualcuno, o tu o lei, "lasciate" qualcosa all'altro, facendolo sembrare casuale: un orecchino, un indumento, un I-Pod, il portafoglio, una sciarpa.
Più in generale, un pretesto.

L'ultima volta, era prima delle vacanze di Natale, che dovevamo vederci io ero uscito con una mia amica.
Andò a finire che l'amica mi disse che non voleva essere mia amica ma deppiù, io rimasi come un baccalà e non sapendo scegliere, nemmeno per quella sera, fui scelto e bona.
Mi misi con l'amica (amica amica, scusate il francesismo, stocazzo), in un rapporto un filino burrascoso che per un po' mi ha fatto penare che nemmeno una sceneggiata napoletana con lanci di piatti napoletani e urla napoletane, guarda.

Era, tutto sommato, un insignificante e giovanile sliding doors
Se avessi avuto il coraggio di dire all'amica ah, hai capito che mi vuoi bene, mmm, sissì nonnò, vuoi stare con me, mmm... Ah, dai, vvvabbè... si è fatta una certa, tante belle cose, vado che mi devo beccare con Diane Keat... con una tipa, ciaone, bella per te, avrei evitato mesi di litigate, urla, pipponi, porte spaccate e uova di pasqua sfasciatemi in testa (davvero).

Ma non è questo il punto: il punto (o il pretesto) è che sto diventando uno di quei (sospirone) trentenni che non si ricordano le tipe con cui usciva (ma anche gente ics che frequentava) e dice ah ma tu sei quella con cui sette anni fa so' uscito mezza volta e con cui stranamente mi ero fissato, dichiarando a mezzo stampa dopo dieci minuti di conoscenza che ti avrei sposata e avremmo avuto tre splendidi bambini solo perché sapevi a memoria la scena delle olive che sso' greche di Mario Brega in Borotalco?

Sono quasi arrivato, sempre a livello di metafore filmiche, al Grande freddo, a Compagni di scuola, al momento nostalgia, al tempo che fu e non torna più.

S'invecchia e non si matura, e tutti, in più, mi dicono che sono la memoria storica di tutti i conoscenti (la parola esatta è scassaminchia). La dimostrazione è che nel blog scrivo, di solito, di ricordi, aneddoti e cacate fatte nel passato.
Come fai a ricordarti di quel pranzo del 25 marzo del 2005? Boh, e come me lo ricordo, ricordo le minchiate mie, dei miei amici e le ripropongo diciamo almeno, uhm, 50 volte all'anno, anche agli sconosciuti.
Ciao, piacere, la vuoi sentire la storia di quando mi sono cappottato con un carrello della spesa a tutta velocità in via Zamboni? No? Allora tutto è iniziato il 16 febbraio del 2006...

Il tempo di rinsavire dai miei pensieri e scopro che la fila, prima di 200 unità, ora è passata a 400 unità. Mi sono passati avanti i baristi, quelli che erano prima in fila con me e je riscappa e financo i netturbini.

Vado a farla fuori che sennò poi mi tocca scrivere un post su quando mi sono pisciato sotto in un bar à la page di Bologna.

Vicoletto, olè, aaaaaa, liberazione.

Ma non stavi facendo la fila al bagno?
È lei che va via e continua a camminare.
C'era fila, mi stavo pisciando addosso.
Bonjour finesse. Ciao scemo.
Ciao.

Però mi piaceva, con quindici chili in meno, ma mi piaceva.


Bonne nuit finesse.