martedì 18 febbraio 2014

GRETA

...esser stronzi è dono di pochi
farlo apposta è roba da idioti...”

Ho sempre pensato che per un rapporto profondo tra due persone, il porsi in una determinata maniera, lo scrivere cose memorabili, belle, passionali qualunque sia la passione in questione, fosse imprescindibile.
Eternità. La scrittura, in ogni formato, rimane, ogni tanto si rileggono cose passate, proprie o meno, per scandagliare il futuro.
È in parte vero.
Anni fa giudicavo i rapporti soprattutto per il grado d'elevazione poetica e sentimentale che davano: un po' come il suogno di Crozza/Briatore. Devi vivere il suogno del tuop del suogno negli occhi dell'altra persona (non in quelli di Ana Laura Ribas). 
Soffrivo, in un certo senso, chi non riusciva ad avere la mia stessa fissazione verso la scrittura, chi non seguiva la mia stessa lunghezza d'onda, chi non fissava, per l'appunto, per l'eternità, cartacea o webbesca, il mondo che merita di essere raccontato a chi vuoi bene.
Ho 30 anni, l'età giusta per (ri)valutare l'azione, la sostanza, il gesto giusto nel momento giusto, l'aiuto non richiesto, il sorriso perenne di gente che sta con te e non ti chiede nulla in cambio, che è a suo agio e si taglierebbe un braccio solo per vederti sereno, anche e soprattutto se non te lo scrive. Mai.
Meno Vasco Brondi, più Johnny Palomba (non so perché Johnny Palomba, me dà affidabilità).
Meno forma, più sostanza.
Che poi oh, mica vivo sulla Luna, i bei gesti, significativi, li ho fatti anch'io.
Ma paradossale che la mia reprimenda verso la forma sia sottoforma di scrittura.


Oggi c'è il sole, primo giorno in cui non piove, non c'è il vento, quello bruxellese demmerda, “la bore”, celeberrima per quel suo cacarti il cazzo e gelarti recchie, viso e mani.
Dopo l'ultimo, breve ed intenso sclero, chiudo la porta lentamente, non uno sguardo, non un ultimo ciao.
Scendo le scale, esco dal portone e, impostato il Maps sul cellulare che sennò chissà 'ndo vado a finire, da Ixelles mi dirigo verso St.Gilles.
Questa volta il fesso sono stato io.
Un rodimento di culo alla Martellone che se sveja dal coma va di pari passo con uno strano senso di liberazione.
Cioè, come dire meglio così, ma magari la prossima volta evito di farmi salire istinti omicidi.
E, come al solito, ammazza che tempismo demmerda.
Il sole non riscalda per una sega, ma mette di buon umore e mi fa vedere Bruxelles con una luce nuova, anzi con una luce.
Forse un presagio, fatto sta che mi vibra il cellulare, un messaggio in italiano da un numero belga.
Ciao sono Greta, la ragazza italiana che stamattina ti ha aiutato a trovare il taxi, volevo sapere solo se avevi poi trovato la tua amica. Spero tu stia bene e sereno. Tornerai a Bruxelles prossimamente? Buon viaggio, baci Grè.”

E cu minchia è Greta? La domanda si erge spontanea.

Cerco di ricordare la serata: dall'una alle 7,30 di mattina, con un paio (o forse più) ore di buco di memoria, causa sbronza clamorosa.
Allora: stare con gli altri in pista, taac ce l'ho; vagare come una trottola da un bancone all'altro, pisciato dai baristi (pure da loro) al grido di “la birra è nell'altra sala” (la serata era in un posto gigantesco, nemmeno le ho contate le sale), taac ce l'ho; fraternizzare con persone a caso, di nazionalità a caso, taac ce l'ho; incontrare un abruzzese che studiava a Bologna e che mi si para davanti urlando il mio nome (e che mi fa controllare se per caso avessi un cartellino alla Ok il prezzo è giusto col mio nome, visto che ci ho messo 10 secondi per riconoscerlo), taac ce l'ho.
L'abruzzesità, come il love, is in the air e sconfigge sempre il male. Certo, comunicavo tipo Sloth dei Goonies, ma vabbè, non si può essere ogni volta foneticamente impeccabile.


ggghuee sorbruesa!


Flash.
Mi ricordo in mezzo alla pista di una tipa che mi placca, sussurrandomi in un orecchio “ciao, lo so che sei italiano, hai mica della droga?”, al che rispondo senza nemmeno pensarci “avrei tanto voluta averla”.
Lei, senza motivo, mi ringrazia, mi accarezza il faccino e mi bacia in bocca con un zinzinello di lingua. Il tempo di accorgermi che dovevo usare la “pierinesca” lingua a cavatappi, e lei si era già allontanata, facendo ciao con la manina.
Imbambolato dall'alcool, rimango fermo e basito.
Chi è che usa ancora la parola droga? Che tipo diddroga vuoi? MD, ketamina, marijuana, du' cartoni? Chi è? La nipote di Giovanardi?
Tutti se ne vanno, colei che ha subito il mio susseguente sclero, a quanto pare era sparita, credo con Mbumba il culturista gibutiano e Carlos lo spogliarellista portoricano e io, all'alba e a 2 ore a piedi da dove dormivo ero, diciamo, un po' spaesato, oltre che incazzato come Vittorio Sgarbi impegnato in un'amabile discussione con Alessandra Mussolini.
Saranno state le 6,30/7 del mattino, entravo ed uscivo dal locale. Dopo essermi definitivamente fracassato i coglioni, decido l'impresa: a piedi fino alla meta.
Faccio 200 metri, fondamentalmente un giro girotondo del locale, e l'impresa cambia: in taxi fino alla meta (e meno male che du'soldi li avevo). Oppure, opzione B, il vagabondaggio ramingo e disperatissimo nella periferia bruxellese.
Ma di taxi nemmeno l'ombra.

Ed è qui, che il ricordo illuminante arriva prepotente.

Mi siedo fuori il locale, ancora visibilmente ubriazzato (ovvero 'mbriaco e 'ncazzato).
Avessi avuto un cane di nome Kira, mi avrebbero scambiato per un punkabbestia terrone vissuto 10 anni in un posto occupato in Spagna.
Purtroppo, nessuno mi vede, nessuno mi dà due spicci messi male.
Chiudo gli occhi e appoggio la testa al muro.
- Ciao italiano!
Una ragazza si avvicina e mi si siede di fianco.
- ma bbb mmm. Farfuglio, sorpreso, dio solo sa che cosa.
- Sono la tipa di prima, ricordi? Greta, piacere.
Ed è pure carina, diodelladroga.
Mi chiede cosa sia successo, e vabbè io racconto, risparmiando i particolari più tragicomici della mia serata.
- Sfigato. Rideva.
- Dai ti chiamo un taxi, così puoi far rissa con calma.
- Hai usato un ossimoro.
- Un ossi-che?
- Niente.
Era con alcune amiche, va da loro, chiama il tassì, poi torna.
- Aspetto con te.
Siamo stati 5 minuti in silenzio, seduti ad aspettare. Io sempre appoggiato al muro ad occhi chiusi. Lei boh, avevo gli occhi chiusi.
- Sveglia! Oh il taxi!
Cazzo, mi ero pure addormentato.
Sciao morb'diss'mi!
Arriva quello che diventerà il mio grandissimo amico, Khaled, il tassista maghrebino esperto in problemi di cuore. Il Marco Predolin arabo. 
- Allora ciao, torna sano e salvo.
Mi bacia, mi sorride e se ne va verso le amichette, come abbia poi avuto il mio numero non me lo so ancora spiegare (ma, evidentemente, gliel'ho dato io).
Il viaggio con Khaled (e il punto interrogativo su in quale lingua abbiamo comunicato) ha raggiunto vette intellettuali di primissimo piano: il nostro accordo sul fine e delicatissimo pensamento de “li femm'n è tutt puttan” (ovviamente non lo penso, care amiche, ma è capibile che a caldo si dicano castronerie) meriterebbe una ricerca di dottorato.

Il rodimento di culo poi ha offuscato Greta.
Fino ad ora, ora che mi trovo quasi a St.Gilles dal mio amico (vero) che mi ospiterà l'ultimo giorno.

Che senso ha avuto questa serata?
C'è la forma e c'è la sostanza.
C'è chi ti conosce e parla, parla, parla bene, scrive meglio, e lo fa tanto per fare, ma non agisce o lo fa in maniera inquietante.
C'è chi non ti conosce, ti aiuta così, senza secondi fini, e senza motivo ti vuole bene, anche solo per 20 minuti.
La fiducia nell'umanità.
La banalità del bene.

Ovvero, li chiacchjr si li port lu vent (le chiacchiere se le porta il vento) e se si chiude una porta, si aprirà un portone.
La mia porta chiusa non era una porta “canonica”, bensì una di quelle porte girevoli degli hotel, che ti fa entrare ma potrebbe risputarti fuori in qualsiasi momento.
La differenza è che questa porta non era di un edificio vero, ma di una facciata bidimensionale, di cartapesta: entri, non vi è nulla dentro, ne vieni sputato fuori.
E, sicuramente, Greta non è proprio il portone che si aprirà, ma, anche se dice droga e non sa cosa sia un ossimoro, rappresenta il simbolo di quello che, innatamente possiamo fare per l'altro. A maggior ragione, per chi si vuole bene.
Un sintomo, insomma, dei prossimi portoni.
La sostanza, l'azione che supera l'ipocrisia che le fa da contraltare.

Penso a questo weekend, penso che mia nonna sapeva 'na freca di proverbi, e mi avrebbe detto che non tutti i mali vengono per nuocere.
Dal letame nascono i fior e dalla testadicazzagine, dalle incazzature e dal sentirsi preso per culo nascono gentilezza, empatia (mi sa che si nota che mi piace la parola empatia) e perché no, in una determinata declinazione, amore.

Arrivo a casa del mio amico.
Apre:
- Efess, tand lo sapevi già come andava a finire.
- In parte sì.
- Seee in parte, entr pingò.