mercoledì 25 dicembre 2013

COME PASSI IL NATALE?

La (s)fortuna di avere una Mammuzza maestra è quella che ti conserva tutti i quaderni di scuola, dal primo anno di asilo fino all'ultimo anno di superiori.
In uno di questi, ho scovato questo compitino. Correva l'anno boh 1993 o 1994.

Compito: come passi il Natale?
Svolgimento

A la casa mia il Natale è una cosa seria e un impegno fisico che ti struppìa.
Mi sveglio la mattina, vedo che cosa mi ha portato Babbo Natale anche se so che Babbo Natale non esiste. Questo anno mi ha portato un giochetto del calcio per il Mega Drive che mi piace molto giocarci. Appena scarto il regalo io ci voglio giocare ma mia madre mi prende per una recchia e mi costringe ad andare a messa con lei e papà.
Per fortuna andiamo all'ultima messa della mattina, perché don celeste ha fretta e vuole mangiare pure lui, quindi ci mette venti minuti. Io nemmeno riesco a dire agnello di dio che togli i peccati del mondo perché va troppo veloce. Meglio così che sennò mi annoio.
Di solito andiamo a mangiare dalla mia zia sardagnola con molti altri zii, ognuno dei quali ha tanti figli, e questi figli hanno tanti fidanzate o fidanzati o amici o gente che io non ho mai visto ma che mi riconosce dicendo tu sei il piccolino della casa, e io penso come fa a conoscermi che ne so, quindi siamo quasi trenta persone. A volte è fregno perché viene pure gente straniera, ma propria straniera che non è italiana, tipo dell'Australia, dell'Argentina, del Belgio e io penso che è bello che così conosco gente di altri paesi che non ho mai visto.
Appena arrivo lì, ci sta il mio zio quello che è appena tornato dall'Australia che mi chiama fischietto che fa un sacco di bordello, strilla a tutti che dobbiamo fare l'aperitivo. Io non so nemmeno cos'è l'aperitivo, penso tipo che bevono tutti lo spumante e brindano. Mia madre dice che devo dare gli auguri e due bacetti a tutti ma a me mi fa un po schifo e mi vergogno pure.
Io mi siedo vicino alle mie due cugine della mia età e mangiamo il brodo con il cardone, l'uovo e le pallotte di carne macinata, poi il timballo che fa mia madre che ci piace a tutti quanti poi i tortellini, poi l'agnello con le patate, il polpettone e le verdure che io non voglio mangiare ma poi arriva o mia zia o mia madre e mi tirano un coppino sullo scozzetto e io zitto e mangio. A me piace il pollo fritto che fa la mia zia che è appena tornata dall'Australia, ha la farina speciale fatta apposta, dice che una volta la hanno fermata i doganieri e pensavano che aveva la droga e mia zia ha detto ma che v'avet mpazzit quess è la farin.
Di solito a pranzo si parla o di pallone o di politica.
Se parliamo di pallone diciamo male alla juventus, sennò prendiamo in giro il cagliari perché mio zio ci si arrabbia e noi lo facciamo apposta.
Se i grandi parlano di politica allora mio papà si incazza con tutti quelli che dicono bene a berlusconi, inizia a strillare e a dire che non gli devono votare che quello è un ladro, ci frega i soldi e che deve stare in galera e a chi dice che berlusconi è bravo risponde che è un berluschino.
Ajò Zia!
Io e gli altri miei cugini ridiamo perché ci si arrabbia troppo, urla, sbraita e dice nooooooo allora nin zi capit niend poi interviene mia zia a cui io rifaccio la parlata, tipo quello di mai dire gol, nico il sardo, che gli dice tommaso calmati e mio padre dice eh vabbone e si calma.
Poi devo dire la poesia di Natale a campanella e gli zii mi danno 10000 lire e anche se sono oramai un ometto la dico lo stesso così poi con i soldi mi posso comprare il mammoccio dei cavalieri dello zodiaco.
Una volta è venuto un vucumprà e mia zia gli ha detto vieni a mangiare con noi. Quello si è seduto e ha mangiato ma non capiva una parola. Mio zio ha chiesto scus di ddò è e gli hanno detto Umbè è della Nigeria e lui ha detto Imperia? Allora gli ha parlato due ore in dialetto pescarese e quello faceva si si con la testa ma secondo me non capiva niente, poverino. Comunque era felice di poter mangiare con tante persone, pure se stava lì come un baccalà.
Quando finiamo di mangiare i vecchi giocano a ramino. Sembrano quelli dei film western che si guardano senza dire una parola, poi una dice ho chiuso! E l'altro zio dice Terè ma vaffangul e ridono come scemi.
A me fanno giocare al Mega Drive anche perché sono forte. A sensible soccer vinco sempre ma quando gioco con mio fratello lui mi minaccia perché è cascettone e mi dice che se segno poi a casa mi prende a mazzate e io arrivo davanti alla porta e poi torno indietro, così non mi vatte come un sale.
Poi giocano ai giochi di società o a subbuteo ma io sono troppo piccolo e non mi fanno ancora giocare. Guardo e rido degli altri che ridono e si prendono in giro. Giocano a Risiko, Shogun, quel gioco che ha inventato mio cugino che ha rifatto il giro d'italia, oppure ai giochi che devono ammazzare i mostri.
Poi il pomeriggio viene gente che viene a fare gli auguri, poi mangiamo i bocconotti e i parrozzini e le mie zie riiniziano a cucinare per la sera. Una volta una zia ha bruciato i facioli che stavano al camino e mio zio si è arrabbiato e ha strillato Marì j mi ni vaj a lu ristorant li faciul ni mi l'adiv brucià e noi facciamo l'imitazione perché c'erano tante cose da mangiare ma mio zio voleva solo i facioli.
Poi giochiamo a tombola, ma però ci mettiamo tanto tempo per una partita perché mio padre ogni numero dice 77 le gambe delle donne, 90 la paura e 69 gnè li mitt li mitt e tutti ridono, poi ci stanno qualche zio e qualche zia che non sente e ci vuole l'amplifon quindi strillano tutti e allora dicono strillate j ni capisc nind cacciate fuori la voce e chiedono è uscito il 57 no e non è ancora uscito e non si capisce nulla. Quindi chi fa tombola poi magari non lo fa tombola.


"Oddì chi num'r avit dett lu sessandun? non lu sittandun"


Poi c'è la messa del pomeriggio e le zie costringono chi non è andato la mattina ad andare. Io per fortuna ci sono stato e mi posso fare lo svelto con chi non ci è andato come la mia cuginetta. Chi prova a non andarci prende il cazziatone insieme di mia madre e le mie zie che dicono che festa è natale tu non vai a scuola ed è vacanza e quindi devi andare a messa per forza, sennò gesu bambino piange.
Poi rimangiamo come gli scroffelloni, mia madre dice oddì mi devo mettere a dieta ma tanto poi so che non lo fa e io e gli altri mangiamo veloce che dobbiamo giocare al mega drive, poi i grandi si mettono a giocare a poker e fumano come i turchi, si giocano i soldi e di solito vengono gli amici dei miei cugini e vincono. Quindi i miei cugini e mio fratello dicono cullù ni li chiamem cchiù e poi puntualmente lo richiamano. Io guardo ma non mi piace tanto, mi leggo i topolini o i dylan dog di mia cugina dove ci stanno i mostri che tagliano la coccia alla gente, quindi mi inizia a gabbare il sonno e mia madre mi dice arivì a casa ma io le dico che aspetto mio fratello e lei dice che per massera va bene.
A me il Natale piace perché posso fare tardi la notte per un giorno.
A me il Natale piace perché tutta la famiglia sta insieme e scherziamo e giochiamo sempre, grandi e bambini. Tutti ci dimentichiamo di tutto e vedo i parenti che vedo poco durante l'anno.
Io spero che dura ancora tanti anni perché il tempo sembra che non passa a Natale. Pure quando divento grande e gli altri che ora sono grandi diventano vecchi.”


Il mio concetto del giorno di Natale è sempre stato questo.
Il rifugio di una Grande Famiglia, a volte allargata, a volte un po' più stretta.
Ma, da sempre, una Vera Famiglia.

Che ha la necessità di viversi un intero giorno all'anno.

lunedì 25 novembre 2013

PARTENZE

Non lasciarti sgomentare dagli addii. Un addio è necessario prima che ci si possa ritrovare. E il ritrovarsi dopo momenti o esistenze, è certo per coloro che sono amici.”
Richard Bach



Avevo un frigo con tante calamite, di tante città diverse, comprate da tanti diversi coinquilini che erano stati nelle tante città diverse per vacanza, amore, piacere, Erasmus (quindi scopare).

Un giorno, il giorno di ordinaria follia, chiusi gli occhi e ne estrassi una.
La calamita, secondo la sua propria natura, mi avrebbe “attratto” da qualche altra parte.
Australia.
Minchia troppo lontano.
Ne riestrassi un'altra.
Australia.
Ma quante calamite dell'Australia ci sono? Due su quaranta. Delfino Destino?
Vabbè ritento, pensai.
Kazakistan.
Me sa va bene Australia và, dall'altra parte del Mondo e con lo scarico che scarica al contrario.

Dovevo scappare, dovevo provarci e avevo paura di farlo.
La mia vita scorreva barcamenandomi da una precarietà all'altra: lavoricchiavo, amavo e odiavo, vedevo gli stessi luoghi, le stesse persone e abitavo oramai da anni in un casa che aveva le sembianze di una fermata di un bus.
La casa era la fermata e il bus un'altra meta.
Tutti lo prendevano in orario tranne me.

Mi cacavo sotto solo all'idea.
Allora perché lo faccio? Per necessità, voglia di stabilità, spirito d'avventura?
Per paura, pura paura.
Ché, arrivato a 30 anni e più, l'asticella, in mancanza d'altro, bisogna pur alzarla.
E ricominciare da zero per qualcuno è da stimolo e fomento, per me è solo terrore dell'ignoto, del non capire una parola (visto che il mio inglese è a livello Aldo Biscardi).
Ma, si sa, da denghiu nasce thank you e poi anche i più fessi ce la fanno, perché io non dovrei?

Lessi da qualche parte che la paura serve per essere esorcizzata, sconfitta.
D'accordo in parte, se una paura la sconfiggi, ne arriva subito un'altra: per esempio, e spero sia il mio caso, quella di tornare.
Ho solo bisogno di cambiare paura. Di poterne gestire un'altra, di un'altra sfida cacante sotto.
E poi, diciamocelo, fa figo dire “mollo tutto e vado in Australia”.
Nel mio caso no. Nel mio caso mi sento in colpa di non aver trovato l'Australia in Italia, di dover abbandonare affetti, abitudini sociali, gastronomiche, economiche; e poi c'è la routine puttana, che odio e di cui nello stesso tempo non posso fare a meno. Se non altro perché la conosco.

Ora sono in aeroporto.
Aspetto la chiamata del mio volo di duemila ore con 4 scali incorporati.
Nei giorni scorsi ho salutato tutti, ho festeggiato l'addio, o dato l'addio ai festeggiamenti, non l'ho ancora capito.
Appuntamenti su Skype e su Whatsapp e “dai che sto un annetto e poi torno”, che cosa è un anno se non un apostrofo rosa tra le parole chi cazzo e me l'ha fatto fare.

Non so dove dormirò (sì, in ostello per i primi giorni, ma poi), non so di cosa camperò, non so chi conoscerò, non so cosa farfuglierò, non so nemmeno dove mi stabilirò. E se poi mi trovo male, e se poi me ne pento?
Dai andrà bene su su, ho tanti contatti di amici di amici di non amici di conoscenti che sicuramente mi faranno sentire come a casa mia.
Ma io a casa mia stavo demmerda.
Non ne esco più.

Hanno chiamato il mio volo, mi devo imbarcare.
Ora scappo scavalcando con un doppio salto mortale rovesciato il metal detector, oddio devo andare al cesso, mi scappa da cacare, la pipì, ho le mie cose, cazzo sono un uomo non posso averle.
Va bene, spegni il cervello stronzo.

Mi imbarco. Mi sistemo nel mio posto.
Togliendomi la giacca, noto nella tasca interna un bigliettino.
A parte il fatto che ignoravo di avere una tasca interna nella giacca, è datato 26 novembre 2013, oramai anni e anni fa.
È di una persona speciale, la mia migliore Amica, emigrata proprio quel giorno, proprio in Australia. Lei aveva le mie stesse paure, le stesse paranoie.

Ciccio,
non aver timore,
ce la farai nel modo in cui ce l'ho fatta io,
dimostrando a tutti che bella persona sei,
sii sempre te stesso.

Nuni"



Ciao Amica,

a presto

lunedì 11 novembre 2013

I LOVE THIS GAME?

Salerno, 10 novembre 2013

Si è toccato il fondo? Si è arrivati ad un punto di non ritorno? Hanno vinto i “cattivi”? Ha perso il Calcio?

Andiamo con ordine, che sennò 'ste prime quattro frasi non significano una ceppa: la fredda cronaca.
Ieri a Salerno è andata in scena l'ennesima farsa dello sport italiano: si presume che alcuni presunti ultras/tifosi della Nocerina abbiano intimato/chiesto (minacciato? Ad ora non si può chiarire) ai giocatori della propria squadra di non scendere in campo.
Il motivo? Il divieto di poter assistere, dopo 20 anni, al derby Salernitana-Nocerina di Prima Divisione (ovvero la serie C), in (non) ottemperanza alla famigerata Legge Maroni, quella della tessera del tifoso. I tifosi nocerini erano tesserati e, teoricamente, avrebbero potuto assistere al match.
Invece, il prefetto di Salerno ha deciso il contrario: partita alle 12,30, così quei mangioni che non si perdono un pranzo dei tifosi della Nocerina avrebbero disertato in massa. Ma mettiamo che qualcuno decida di saltare il pranzone domenicale: ora? Mmmm, dai vietiamola completamente, sticazzi del derby.

Risultato? Alcuni tifosi della Nocerina si presentano sotto l'albergo della squadra, per:
- secondo la stampa, minacciare di morte calciatori, allenatore, magazziniere, ecc, 'nsomma la società, intimandole di non scendere in campo;
- secondo gli stessi ultras nocerini, chiedere al mister e alla squadra un gesto eclatante, che facesse parlare l'Italia intera e che scuotesse il sistema. Un gesto che desse voce all'ingiustizia subita dai tifosi a cui preventivamente e senza alcuna prova d'appello è stata negata la trasferta".




Risultato/2? Dopo una lunga trattativa fra staff tecnico e prefetto, si decide di entrare in campo con mezz'ora di ritardo. Entrare per modo di dire, visto che al primo minuto l'allenatore della Nocerina opera già i tre cambi e, nel breve volgere di quindici minuti, cinque giocatori si “infortunano”, neanche avessero incontrato Chiellini, Pasquale Bruno e Pablo Montero tutt'insieme e tutti incazzati abbestia, costringendo l'arbitro a sospendere la partita.

Apriti cielo.
Raffica di daspo (ovvero il divieto di accedere alle manifestazioni sportive), che di solito vengono dati a comando e a capocchia, e facili, retoriche e moralistiche polemiche di giornalisti, politici e soloni/dirigenti dello sport italiano, noti (almeno due categorie su tre) per essere un fulgido esempio di moralità e legalità.

Ora, le autorità competenti giudicheranno chi, come, quando ha sbagliato/commesso eventuali reati. Fatto sta, che alcune riflessioni mi sembrano d'obbligo:
- a cosa minchia serve la tessera del tifoso, se non a “discriminare territorialmente” il tifoso non violento, che rappresenta il 95% del totale (ditemi voi se ha senso che io, in quanto non residente nella provincia di Roma, non posso vedere Roma-Napoli) e a fare salti mortali per comprare un biglietto (quando, vent'anni fa, mio padre la domenica mattina, valutava il tempo e decideva così all'improvviso, di portarmi allo stadio, facendomi un inaspettato e bellissimo regalo);
- chiudere stadi e curve, vietare trasferte è veramente utile? No, perché la maggioranza degli scontri è FUORI gli stadi e quei pochi scontri che ci sono all'interno accadono a prescindere dalla legge Maroni. Se proprio avessero voluto, nulla avrebbe vietato agli ultras della Nocerina di andare lo stesso a Salerno a scontrarsi con i corrispettivi salernitani;
- l'utilità di parlare, anacronisticamente e in maniera grossolana di “modello inglese”, da esportare in Italia. In Inghilterra tre anni fa è morto un tifoso all'interno di uno stadio, per le percosse subite da tifosi avversari: Lo sapevate? Beh, sapevatelo. Sapete ora com'è fatto una stadio inglese? Un teatro all'aperto: prezzi esorbitanti, non puoi alzarti, non puoi imprecare troppo, non puoi fumare, non ti puoi portare il panino con la frittata da casa.
Gli scontri e la violenza non sono spariti di colpo (certo loro sono “partiti” da una tragedia immane, che è stata Hillsborough), ci sono ancora, meno pubblicizzati. Inoltre, gli stadi non sono sempre pieni, come pensiamo in Italia. Ma poi avete presente uno stadio italiano, paragonandolo poi a livello infrastrutturale ad uno inglese?
- Secondo voi gli italiani non vanno allo stadio per la violenza? Sapete che fino agli '90 la serie A era il campionato con più spettatori nel Mondo? C'erano scontri? Certo.
Eppur si andava. A nessuno viene in mente che le Tivvù, gli scandali a cadenza (come minimo) biennale e la deriva megalomano-economica siano, se non altro, concause?
- Negli ultimi, il campionato con più spettatori in Europa è quello tedesco, la Bundesliga.
A prescindere da una gestione molto più equa di questioni economiche, tipo diritti tv e altre menate del genere, in Germania i gruppi organizzati molte volte agiscono CON le società calcistiche (una cosa del genere ce la sogniamo), organizzano iniziative lodevoli come questa qui  e non subiscono restrizioni di alcun tipo (anzi molti stadi, anche nuovi, hanno previsto al loro interno una zona in cui chi vuole se vede la partita in piedi, old style).
- Lungi da me difendere chi adotta la violenza come veicolo per ottenere un risultato, ma se quei 1000/2000 fossero andati a Salerno sarebbe successo questo bordello? Fermo restando che l'eventuale stupidità violenta si sarebbe potuta concretizzare anche per strada.

È un calcio maaaaalaaato, ma le cause non sono riconducibile solo agli ultras.

C'è dell'altro che ci (mi) fa sperare in bene.

Roma, 10 novembre 2013

C'è chi, con occhi vergini e senza pregiudizi, allo stadio ci va, per la prima volta.
Mio nipote, quasi 7 anni, con quell'incoscienza tipica del bambino, che nemmeno sa se e quale squadra tifare. Va con lo zio (l'altro, io purtroppo non c'ero) a vedere Roma-Sassuolo.
Al di là del fatto che con quel gol demmerda all'ultimo minuto, speriamo di non “averlo perso” a favore di una squadra strisciata (ma vabbè, lo ameremmo comunque), un bambino non vede il marcio del “calcio moderno”, né la violenza degli ultras.

La mia prima volta allo stadio fu a 5 anni, Roma-Ascoli 0a0, giocata a Pescara. Forse ero troppo piccolo per ricordare nitidamente tutto. Ho flash, di quel giorno.
Ricordo tutto della mia prima volta in un grande stadio: Cecoslovacchia-CostaRica, ottavi di finale dei Mondiali del '90. Ricordo la mia prima volta all'Olimpico, a 9 anni, Roma-Pescara: ricordo la meraviglia di quelle astronavi, ché a me sembravano astronavi prese dai cartoni animati dell'epoca, trapiantate nel mondo reale.
Ricordo che vedendo tutto quel giallorosso, tutto quel bordello, i canti, il tappeto verde che si parava dinanzi alla mia di allora personcina, rimasi così, stile Paul da piccolo di Febbre a 90°

Ecco, non proprio così.


Nello specifico, non so cosa rimarrà a mio nipote di questa giornata. Se avvierà una qualche passione calcistica o meno, se la ricorderà come la ricordo io.
So solo che una certa passione, il calcio in questo caso, se ti prende quando hai gli occhi del neofita, del bambino, non ti lascerà più.
Sei affascinato innatamente da un qualcosa che non sai spiegare, perché nemmeno te la poni la domanda. Ti piace e basta.
Il pallone che rotola, le imprecazioni per 90 minuti, i cori, le esultanze, le delusioni (per la cronaca, la mia prima volta all'Olimpico finì con una, come direbbe Bruno Pizzul, inopinata sconfitta) l'amore per il rosso e il giallo che si giustappongono (per me) magicamente.
Lo ami, a prescindere dal male che si annida in esso.

E a chi dice “questo non è il mio calcio”, rispondo non che “il calcio è di chi lo ama” (sicuramente non lo ama la Tim), ma che “il calcio (o la passione X) lo ami e basta, senza sapere cosa significhi né l'amore, né le parole sky e champions league”. Senza a starci a ragionare su.
E continuerai a seguirlo, lamentandoti del suo marcio, ma rispettandolo.
Anche quando scuoti la testa e pensi, anche per uno sbagliato secondo, “così non va”.
Ché ce l'hai dentro, che tu lo voglia o no.


                                                     Classicone

mercoledì 6 novembre 2013

GLI AMICISTI ANONIMI – OPORTO DI MARE (SECONDA PARTE)


QUI la prima parte del non sarà un'avventura. Se non l'avete letta, leggetevela. Se l'avete letta e non vi ricordate o vi ricordate male, boh fate un po' come ve pare.


- In Portogallo fa freddo!
- Minchia dici?
- Ho visto ilmeteo.it. IImeteo.it non sbaglia mai. Copritevi!

(cit. anonimo smanettone de ilmeteo.it)


Si apre il portellone dello SperochenonmischiantoAir.
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA cos'èèèèèèè?!
Si chiama sole, si chiama caldo. Siamo a fine gennaio e ad Oporto ci sono 25 gradi e un sole che spacca pietre che se sei bello nemmeno si fanno tirare, le pietre, da quanto, per l'appunto, è bello stare lì a crogiolarsi al sole.

Vedete, noi Amicisti ci vestiamo un po' a capocchia: quando nevicherà noi ci prepariamo alle Hawaii, quando farà un caldo che si schianta ci mettiamo in modalità “Totò e Peppino e la Malafemmina”.

"Ma non avevi detto che era freddo ad Oporto? Boh"

E mo? E mo ci svestiamo. Via i colbacchi, via i passamontagna, via i cappellini con le caprette che fanno ciao, via le orecchie da alce che Basetta, da quella fatidica notte della sua laurea, non aveva più tolto.
- Nou! Ragazzi! Nou! Ahia lasciatemi souno un ricordo di quella fatidica notte!
- Ma se non sai nemmeno che significa fatidica! E damme ssè cazzo de 'recchie!
Riusciamo a strappargliele con la forza. Basetta piange, rincuorato da Paperella, che scatena una tempesta di coccole sul malcapitato.

Stranamente, ci fanno uscire dall'aeroporto senza controlli dei bagagli.
Qualcuno si stranisce, qualcuno addirittura si offende.
- Esigo che mi controlliate! Lei non sa chi sono io!
Nessuno ci caca di pezza, nemmeno un doganiere, nemmeno un celerino.
Tempo al tempo.

Mesti, lasciamo la Paucarrozzella sul ciglio del terminal arrivi dell' “Aeruporciu Internasionhao do Bacalhau”, promettendole che al ritorno la andremo a prendere.

C'è la metro. Ammortepresidente, fa gentilmente i biglietti (i biglietti? Errore nostro, abbiamo fatto i biglietti, QUESTA VOLTA) a tutti, la Paperella paga ridotto.
- Senza sordi no' 'ssi 'ndi cantanu Missi.
Nemmeno i biglietti, cacciate i soldi straccioni.
Ma, Porca Troia, Sinagoga ha lasciato il borsello a casa. Lui è il prototipo di vacanze ad impatto zero: viene con zero euro e impatterà schiaffi ad ogni cosa che dobbiamo offrirgli.
Il nostro appartamento è in pieno centro, fermata Pratelhau.
Il tempo di risalire le scalette della metro e capiamo una triste verità: Oporto è fatta SOLO ED ESCLUSIVAMENTE DA SALITE. Non saliscendi. Solo salite.
Qualcuno si dispera per aver lasciato gli scarponcini da trekking all'aeroporto.
Qualcuno non dispera ché Battisti, non Cesare, urlava al Mondo le discese ardite e le risalite. 'Tacci tua Lucio.
Nella fattispecie il saggio degli Amicisti, Ammortepresidente: si u pò piari l'irtu pii u pinninu.

Qualcuno già si lamenta: Killahcchiotto ha bisogno di tritoni. Si aspettava un comitato di benvenuto già fuori la metro.
- CHE SCHIFO OPORTO! CHE PALLE! IO DEVO FUMARE! DOUVE SOUNO I TRITOUNI? EH?
Ferma passanti a caso, che naturalmente non capiscono una mazza di dialetto delle Murge. Ergo, devi aspettare Killah (arriverà anche il tuo momento, e che momento).

Su una, ça va sans dire, salita con pendenze vicine allo Zoncolan, si erge il nostro appartamento.
Che bel quartierino tranquillo, caratteristico, con gli Azulejos capretti che fanno, pure loro, ciao.

Seconda triste verità: non avremmo mai immaginato che di lì a poche ore il quartiere, il quartiere Pratelhau, si sarebbe trasformato nel Carnevale di Rio. Eravamo capitati nel centro della movida di Oporto.

Ci rinfreschiamo, ci docciamo, ci cambiamo, ci fomentiamo, ma, soprattutto, ci rifocilliamo.
Di fronte al nostro nidoddammore amicista, notiamo un bar, il Cafè Ceuta, di quei bar che non je dai due lire, di quei bar che ogni turista schiferebbe.
Noi lo scegliamo per questo.


Alfio

Incontriamo un uomo, che dire un uomo, un mito, che avrebbe cambiato per sempre la nostra concezione del portoghese medio: Alfio.
Un ometto secco secco, alto, canuto non nel senso di cane, con i baffetti e lo sguardo alla Lee Van Cleef, ma con i capelli impomatati a mò di Julio Iglesias.
Per tutti e per sempre Alfio.

"Superbocche per tutti!"

Entriamo timidi, ci sediamo.
Alfio è già lì con le Supebock, subito ribattezzate per semplicità e goliardia Superbocche, e 6 piatti di Bacalhau alla braghense.
Parla solo portoghese stretto, ma sembra capirci anche solo con un cenno d'intesa. Boh forse anche qui giocano a tressette, o três-sete.
Serafico, ci intima in non so quale dialetto lusitano di mangiare che è prondo e si fredda e poi non è buon più e devo buttarlo.
Ad ogni Superbocche scolata, basta proferire la parola ALFIO! e lui si fionda, raccontandoci nel frattempo aneddoti che noi, per buona educazione, facciamo finta di capire.

A rifocillarci ci siamo rifocillati, pure troppo.
Salutiamo Alfio, dopo una lauta mancia di ben 7 cents, promettendo anche a lui che saremmo tornati. Alfio ci abbraccia, ci dà un bel cinque alto a tutti e ci lascia il numero di telefono semmai avessimo bisogno durante la notte di un'endovena di Bacalhau.

Jamaica

In un batter d'occhio, è già orario d'aperitivo.
- Ho letto sulla Guide Minchiard che in Portogallo ad orario aperitivo c'è il DELIRIO!

Il Deserto del Nevada.
All'imbrunire, è questo il desolante panorama che ci offre Oporto.
Non troviamo un cristiano nemmeno a pagarlo.
Al ché, anche perché Killahcchiotto ha bisogno dei tritoni, scendiamo su (qui anche le discese paiono salite, ricordiamolo), verso il lungofiume.

Troviamo un bar aperto.
Il proprietario è Stephan, che stupito da cotanta presenza umana, inizia a gigioneggiare, diventando per tutti o' gradassu.

- PORTO? LIKE JAMAICA!
- THIS IS THE BEST COCKTAIL IN THE WORLD!
- PORTUGUESE WOMEN ARE THE MOST BEAUTIFUL IN THE WORLD! (Mondo attento, il Portogallo ti batte su tutta la linea)

(scusate l'inglese, ma il tono delle conversazioni era questo)

Nei successivi 15 minuti, nell'ordine, succede questo:
  • o' gradassu ci porta 3 cubate da un litro che nemmeno Gennarino ai tempi d'oro in Piazza Verdi se sarebbe bevuto;
  • o' gradassu ci presenta delle amiche, a suo dire “le perle del Portogallo”, che avevano dei baffi che Alfio sarebbe schiattato dall'invidia, guarda;
  • o' gradassu ci trova i tritouni, per la gioia di Killah (da quel momento in poi Oporto sarebbe diventata BELLISSIMA!);
  • o' gradassu ci sussurra Policepolicepolice!, quand'è che si palesano due guardie con al seguito rottweiler cercaddroga.

Bravo lo scemo.

Immagini del questore di Oporto che stappa una bottiglia di Porto alla faccia di quei poveri fessi italiani, beccati con le mani nella marmellata, si palesano nelle nostre menti
Immagini di noi, poveri Amicisti, nelle carceri portoghesi alle prese con un altro tipo di bacalhau, si palesano nei nostri orifizi.
La paperella si fa pesce e ammutolisce. Noi ci facciamo paperella e pesce e ammutoliamo.

- Si hai a serpi nò cercari a raghatina, ci ammonisce Ammortepresidente.

Seguono 10 secondi di vera tensione.
DOOOOONG!
Il rumore del tocco di fumo (è una storia romanzata, ripeto, è una storia romanzata), lanciato all'indietro e alla cieca, risuona sul bidone della monnezza, vibrando nell'aire, silenzioso e fadesco, lusitano.

Chiudiamo gli occhietti, aspettandoci il peggio.
"Io 'un sento nulla"
Che, per nostra fortuna, non arriva.
Quei tontoloni dei cani non hanno fiutato nulla.
Abbiamo acquistato anche fumo romanzato demmerda.
Bene così.

Giubilo e gioia per lo scampato pericolo, segni della croce e ringraziamenti a JAH. Bomboklat per tutti.

Ricapitolando: siamo in Portogallo da 4 ore e abbiamo già rischiato l'arresto.

Love Boat

La tensione si smaltisce scrofanando qualunque cosa.
Cerchiamo un posto dove mangiare. Escludendo Alfio che alle 9 di sera è già in fase REM, dirottiamo la nostra attenzione verso il locale più pacchiano di Oporto: il Love Boat.
Ovvero, un ristorante in cui i camerieri sono vestiti da personale di bordo Costa Crociere, il cuoco si chiama Schettinhu e tardone bionde ossigenate si dimenano in trenini all'ultimo sangue tra i tavoli.

Perfetto, il luogo adatto a personcine del nostro rango. Ammortepresidente, l'amante del mare profumo di mare e grande fan dell'omonima serie, già è tutto un fremito.
Se non che, dando un'occhiata al menù, notiamo prezzi esorbitanti.
Ma, Riporca Troia, Sinagoga non ha il borsello e non è che il nostro sia in grado di sostenere tale esorbitante spesa gastronomica.

Optiamo, dunque, per la tattica USCITA A TRENINO DI SOPPIATTO che consiste in:
far finta di lasciarsi trascinare da meu amigu sciarlibraun;
innescare trenini irrefrenabili adescando ignare signorotte dell'Oporto bene;
ergo creare confusione;
mimetizzarsi nella selva di permanenti che si crea dalla precedente confusione;
sgattaiolare fuori non appena il trenino passa nei pressi dell'uscita.

"SCAPPA, CRISTO!"

Ce l'abbiamo fatta!
Ma, Ririporca Troia, abbiamo lasciato Ammortepresidente, che nel frattempo aveva ordinato di nascosto un'orata, nel ristorante. O per meglio dire, c'è Ammortepresidente in ostaggio del personale di bor... dei camerieri.
Urge trattativa.
Il cuoco indica Basetta, vuole lui per trattare.

IPOTESI DI TRATTATIVA CON TRADUZIONE ITALIANO-PORTOGHESE ANNESSA:
- Lei è quel genio che si è fatto mettere sotto da un'autoambulanza il giorno della sua laurea?
- Si.
- Mi può fare un autografo?
- Come no!
- Scriva: a Schettinhu con simpatia, l'uomo con le orecchie da alce.
- Basta così?
- Si, se lo riprenda per cortesia che sta importunando i clienti con proverbi in una lingua sconosciuta ed ancestrale.

A quanto pare, abbiamo un negoziatore con le basette.

E siamo a quota due pericoli scampati.

Piume di strutto, meteorismo anti-panico e comitato anti-degrado pratelhau

Fame.
E in una località di mare, dove si mangia il pesce più buono d'Europa, noi dove andiamo? In un rosticceria: O zozzonhu.
Vassoi di carne grigliata, patate fritte e pane imburrato. Alle 11 di sera, per stare leggeri e goderci la notte oportense, oportina, opor..., di Oporto come le pazze.
Devo ammetterlo, ho furoreggiato. Mi sono anche fatto dare una cannuccia per gustarmi meglio lo strutto imburrato. Ché sono un buongustaio, mica seghe.
In tutto ciò, Paperella è rimasta fuori per protesta.

Ma, devo ammetterlo, non sono io colui che ha sofferto (o fatto soffrire, dipende dai punti di vista) di meteorismo anti-panico.
Non dirò chi è stato. Lui e gli altri lo sanno.

Fatto sta, che spostandoci verso il nostro quartiere, scopriamo con nostro sommo stupore, che eravamo nel Pratelhau. Nel delirio puro.
Vie, piazze e strade murate a perdita d'occhio.
Le file per guadagnarci un cocktail, una birra o chessò un'acqua brillante erano interminabili.

Ed è qui che lo scoreggione anonimo si è immolato per la causa, immolando nello stesso tempo anche la causa.
Scoreggioni anti-panico facendo finta di inviare Sms e locale sgombrato in 30 secondi 30 sìori. Anche il resto degli Amicisti, però, è sgombrato per la puzza.
Risultato: nessuno ha bevuto e nessun buttafuori ci ha fatto entrare additandoci come o maestros italianos do flatulhencias.

Mogi mogi, ci ritiriamo nelle nostra magione.
Oooo finalmente si dorme, che giornata sfiancante che è stata, ma che belle avventure da raccontare! Yuppi!

-OOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!! E CHE CAZZO È STO CASINO?!?! QUI C'È GENTE CHE VUOLE RIPOSARE! VEFFENGHIUL!

Killahcchiotto, non riuscendo a dormire per via della movida, istituisce seduta stante il Comitato anti-degrado do pratelhau, di cui è presidente supremo.
In un attacco d'arte, realizza una striscione, attaccato in seguito sul balcone con su scritto:

O POMBO DE SUAS MÃES!!! (vedasi traduzione, prego)


(continua?)

Saluti da Oporto

venerdì 12 luglio 2013

CASA LAME

Domani andrò per l'ultima volta a Casa Lame.
Lunedì si spengono le luci a San Siro di Casa Lame. Via raus finito tutto finito amore.
Ci sono passato prima sotto Casa Lame, la luce era spenta, le finestre tutte aperte, i balconi, i miei balconi, vuoti e allo stesso tempi pieni di roba inutile. Come quella che schiaffavo io, fuori quei balconi: tavolini, poltroncine improvvisate, palloni, borsoni, segnali di caccia rubati da non so chi non so dove, sguardi notturni, scarpe alla rinfusa e speranze cazzeggianti di gioventù che va.
7 anni della mia vita lì, in Casa Lame.

Sono entrato nel maggio 2004, timido, senza veramente alcuna esperienza di vita e, dulcis in fundo, col gesso e con un cagnolino che mi ringhiava per il suddetto gesso, ahahh (risata imbarazzata) simpatico cane levati di culo, ma no! Non morde! ahahhaha (risata imbarazzatissima ), si ma ahia il dito ohia! Sfigato di uno sfigato.
Non l'ho più abbandonata Casa Lame. Oddio sì l'ho abbandonata quando pensavo di dover abbandonare definitivamente questa città: settembre 2011.

Ma pensavo che non avrebbe mai cessato i battenti, che avrebbe rappresentato per me un rifugio ideale: il mio nome ancora sul citofono, l'angolo delle stronzate con foto, cartoline con scorci bruttissimi decisi in sede di spedizione delle suddette cartoline, mandate con nomi inventati non (solo) per questioni di ddrogga, il poster di Mastroianni, la bandiera della pace, la festa della birra di Calderara di Reno, il poster Wo Bist Du? Che ho sempre pensato ma che minchia vor dì ubistddù?.
Dove sei? (a 200 metri da Casa Lame, rispondo ora) significa, me l'avranno detto 800 volte, ma lo dimentico sempre 800 secondi dopo.

Cosa succedeva a Casa Lame? Niente de che, le solite cose che succedono in qualunque casa universitaria: partite di pallone in salone con tanto di classifica mentre le coinquiline cucinavano e magnavano, incuranti del bordello, le urla e i goooooooooooooooool!!!!, nottate films, playstascion a Pes due contro due, discussioni sul come e il perché della vita e delle bollette, feste erasmus e non erasmus, di laurea e non di laurea, con tanto di comparsate di guardie e vicini in pigiama nel cuoricino della notte, tavolini rubati in bar del centro di cui non farò il nome il college bar, poltrone, sedie e sedili presi e resi alla strada, cose che si rompevano di colpo e si riaggiustavano magicamente, pranzi domenicali che partivano a pranzo e diventavano cene domenicali, litigate furiose in casa e nell'androne di casa senza esclusioni di colpi e baci che avrei voluto non finissero più, gente che dormiva in salone sulla poltrona che quando te svegliavi pensavi ma chi sei? Ponciorno zono Klaus trompamic di tua koinqvilina.

Ho sofferto il caldo, il freddo e il tiepido in Casa Lame, ho dormito in tutte le stanze tutti i letti tutte le poltrone, ho trombato in tutte le stanze tutti i letti tutte le poltrone, ho guardato da tutte le finestre, ho carpito ogni scorcio possibile ed immaginabile, l'ho vissuta amandola e rispettandola, ché in fin dei conti è Casa Mia.

Ho così tanti ricordi che non li ricordo tutti. E mi sembra anche inutile dire che è impossibile ricordarsi interamente quei 7 anni.
Ricordo però che associo il benessere e, of course, i ricordi più belli a quella casa e, in questo momento, ho i brividi. Ho i brividi e ci sono 56 gradi, eccheccazz.

Perché ci ha abitato un sacco de gente, cazzo quanta gente ho visto che ci ha abitato. Nel mio periodo, boh, 30/40?
E quanta ne è passata? Quanti venivano a fare un saluto, un caffè, una birrettina, un tritone, una cena, 'na partita a qualunque cosa, una dormita (abbiamo dormito contemporaneamente anche in più di15) a passare 10/100/1000 minuti a dire stronzate fino a rincoglionirsi?

Chi legge ed è venuto in Casa Lame, sa di cosa parlo.
Casa Lame, Piso Lame, Andiamodattibberio, andiamodall'anto, andiamodalfisico, andiamodalquacqua, andiamodapersonaxchecihavissuto.
È Casa Lame.
Anzi, era Casa Lame.
Perché se non ci siete venuti non sapete che ve siete persi.
Perché si, in queste cose sono sentimentale.
Ma è un sentimento che merita di essere sentimentalizzato.