giovedì 19 marzo 2020

DIARIO DALLA QUARANTENA - PUNTATA UNO - LA MERA VARIABILE (PUH°)


(Premessa)

Visto che 'na freca di gente sta scrivendo un diario del proprio cuoricino su questa quarantena, anch'io prima mi sono detto “ma scin, riiniziamo a scrivere qualcosa, riprendiamo la mano, lu pc e il programmino gratuito con cui tanto tempo fa scrivevo e facciamolo digitando parole un po' in italiano, un po' nel dialetto cchiù bell del mondo ovvero l'abruzzese, un po' mischiando parole forbite, un po' scrivendo al modo de li cazzi mia."
Un mero esercizio stilistico. Giusto per usare il termine mero.

Sapevatelo che significa mero?
Sapevatelo che si può abbinare alla parola vino?
L'avete mai bevuto un vino mero? Avete bevuto più vini meri o vini neri?
Sapevatelo che c'è un rapper turco/tedesco che si chiama Mero? Secondo voi, è il diminutivo di Carmero? Secondo voi, berrà più vino mero o vino nero?


il rapper Carmero, detto Mero, ci fa conoscere la sua cumpa indaghetto e va a trovare il cugino Vihtoh in carcere

Come avete potuto notare, sono le domande che un po' tutti noi ci facciamo da oramai una decina di giorni.
Giorni di epidemia, giorni di stetv' a la cas', giorni di pensieri a ruota libera, giorni di mo che minchia faccio, giorni e, soprattutto, di mo che minchia magno.

(Postmessa)

Ognuno di noi si sta (ri)creando un propria quotidianità, una ritualità casalingua fatta di piccoli gesti, nel senso che non è che si possano fare chissà quale azioni, di piccole cose, tipo il telecomando, di piccole camminate, giusto per comprare i Maxibon e i Fonzies ché, porca troia, nemmeno ti puoi leccare le dita, e quindi, mannaggia sanda, di minuscoli godimenti, come quando ti gusti una scarpetta di sugo fatta con tanta cura e, simultaneamente, hai il sopracciglio arquato alla Ancelotti per paura che prendi il virus e allora opti per l'amuchina sul pane a mo' d'olio d'oliva.

Mere piccolezze.

toglietemi tutto, ma nin mi tucchet la scarpetta


E indi per cui, per non scrivere di già la Divina Commedia, mi concentrerò oggi sul mero cibo.

Io, meramente, oltre al mangiare come gli scroffelloni (non mi chiedete il significato, ma lo sentivo da piccolo e rende l'idea), mangio nichel free, che non consiste purtroppo nel ingurgitare cibo e urlare contro il cielo NI-CHEL LI-BERO.

Circa una settimana prima della fine del mondo, ho scoperto di essere allergico al nichel, nello specifico, da una scala che va da un punteggio di uno a un punteggio di quattro/cinque, io ho due punti, appena sopra la zona retrocessione: il Morandini dell'allergologo per i due punti di freefreenichelogia consiglia “almeno le cose più nichelose non le mangiare, jamm su”.

I cibi con più nichel sono: i cibi in scatola (e grazie ar ca') i legumi (e addio sagn' e fasciul), la frutta secca (e addio nocelle alla Madonna del Rosario), pomodoro concentrato (ma non addio alle conserve da giù, che, parole del dottore, “le conserve da giù come Casa Surace le può mangiare”), l'avena (addio alle sigle di Bim Bum Bam) e il cacao e i suoi derivati (arriverci amore ciao le gocciole extra dark sono già un po' più là, tipo nel sacco della monnezza).

...E NOI AL KINDERBUENO LO MENAMO! LO MENAMO LO MENAMO!...


Semaforo verde fondamentalmente per pane (farina 00), pasta e carne.
Per la gioia dell'omino del carboidrato che è in me.

Il resto, con moderazione, senza esagerare, con umilté.

L'imbarazzo ora deriva dal fatto che non è che stai tre ore al supermercato a valutare e soppesare qualunque prodotto.
Quando si poteva fare la spesa, te 'o ricordi signo'?, mi bloccavo decine di minuti nel reparto prima colazione, come un baccalà, a leggere gli ingredienti degli Oro Saiwa, che nemmeno me piacciono: “5% farina di frumento. No. Biscotti al kamut. No. I Baiocchi. Non ce la faccio, troppi ricordi.”.
E scappavo piangendo verso la gastronomia.

Ora ogni tornata al supermercato, oltre ai cazzoguardi lanciati al prossimo e i nonmitoccare mentali, è come il fil rouge di giochi senza frontiere: elenco spesa studiato a tavolino, con numeretto che indica la successione dei reparti e trois deux un fiiiiiiiii si parte cercando di fare il giro del Despar nel minor tempo possibile, sennò i cazziatoni fanno il fumo.
I Kinder Pinguì non li puoi mangià! Moviti! Daje con 'ste birre, 'mbriacone!”, e via schiaffone sul mero cozzetto.


Dennis, Fabiotiberio gioca il jolly



Il vantaggio di stare in casa è che si potrebbero organizzare scientificamente le colazioni, i pranzi, le cene e gli spuntini (rendendoti conto, dopo decenni, che esistono), se non fosse che la variabile spuntino, detta variabile (puh°), è lì a sballare ogni velleità di illuminismo nutrizionista.
Coppe del Nonno, gelati al limone, patatine, Haribo, Camparini Soda a tutte le ore, pizze surgelate che poi mi prende male ad ordinarle e non riuscirei a guardare in faccia quei poveri cristi che te le portano, anghe p'cché non li posso nemmeno guardare in faccia.
La variabile (puh°) è quella che ti inciccionisce, quella che ti ingrandisce le ossa e la costituzione, quella variabile, un po' incognita, un po' bastarda, che ti fa cantare All by myself mentre guardi un documentario di Raistoria su Badoglio.
Allo stesso tempo, la variabile (puh°) ti rende la permanenza coatta a casa, certo un po' più coatta, ma più dolce. Ti levi sfizi e mangi le schifezze che vuoi, tanto a me checcazzomenefregaame ci shta Enrico Papi che fa azzeccare le età delle genti.


secondo me la signora ha 64 anni



Resta il fatto che, nichel o meno, glutine o meno, veganesimo o meno, pastafarianesimo o meno, alcolismo o meno, mero o meno, o mangio o meno, ingrasseremo tutti, e io sto già un pezzo avanti.
Ma, ingrassando tutti, non ingrasserà nessuno.

Panzoni d'Italia, unitevi. Meramente.


Mi piacev 'a nutella, gelat co' a pann', e merentini in quantitààààà