Ora
“...F-F-F-F-F-ORZAAA
RAGAZZI FATE L'AMORE NON FATE LA GUERRA! IL VOSTRO DJ HERPEEEES
DIRETTAMENTE DA CASTIGLIOOONEEE MESSEER MAAARINOOO VI FARA' SCATENAR.. EHI BELLA
BIONDINA, SAI COME DICE IL PROVERBIO? BELLA BIONDA BEATO A CHI SE
LA... E IL-IL-IL FINAAAALE NON SI PUO' DIIIREEE. FORZA A TUTTI I MASCHIETTI
O-LE-LE O-LA-LA FACCELA VEDE' FACCELA TOCCA'!...”
Ma dove sono
capitato, mi chiedo.
Ma uno si può
rilassare, mi chiedo.
Ma dove minchia è finita la gende normale, mi chiedo.
Pensavo di
essere in Abruzzo e invece mi trovo nell'Abruzzo che scimmiotta la
Romagna che scimmiotta Ibiza, non quella spagnola, ma un'ipotetica
Ibiza al Mare in provincia di Vibo Valentia (col massimo
rispetto per la movida della costa vibonese).
Leggerò un po'
il libro. “Ma che cazzo te leggi, ci sta il karaoke, troppo
fregno!”
Proverò a fare
un bagno, via giù. “Quale nuotata, devi stare sul bagnasciuga
seduto sulla sdraio con il mojito in mano e fare commenti senza senso
sulle pseudo-fregne che passano!”
Prenderò il
sole. “Che te metti la crema?! Ahahaha come li vicch!”
Magari mangio
qualcosa. “EH? Un pacchetto di patatine e una birra 9 euro?”
Facciamo un
sabbione (leggasi partita di calcio)? “Che? Ma tu si scem, c'è
l'aperitivo on the beach con spritz a soli 6 euro, cubiste scazzate e musica improbabile a
tutto volume che te rincojonisce in mezzo minuto, non lo possiamo
perdere!”.
Farò un
pisolino. “FFFFFFORZA! VIETATOOO DORMIREEEE! TUTTI A BALLAREEE
COL SINGLE PAAARTY! TUTTI I SINGLE DEVONO B-B-B-BALLARE E CONOSCEREEE
SEDUCEEENTI DONZELLEEEE!”
Ma io voglio dormì!
N-N-N-OOOON
SI PUOOOOOOO!”
Condannato al
divertentismo coatto (qui la parola coatto, che sia aggettivo o sostantivo, è da declinare in tutti i
suoi significati).
Vorrei un po' di
pace, vorrei farmi li cazzi mia, ma... “Ma a Ibiza fanno così!”
Ma a me Ibiza fa
cacare.
Mi sento fuori
luogo, fuori contesto, un pesce fuor d'acqua perché in acqua c'è un
dj che pompa musicademmerda e un vocalist che urla frasi sconnesse come un ossesso.
Non è mare, non
è più il mio mare.
Come
nostalgicamente l'ho sempre ricordato.
Prima
Che
poi quando ero piccolo e leggevo, anzi divoravo, Topolino su
Topolino, l'idea iconica d'estate era la pubblicità del
Calippo (e non fate battute, cretini) su quel giornalino:
semplicemente delle palme, una spiaggia, il mare e quella ancestrale
conoscenza di posti esotici, delle Maldive, Seychelles, Polinesia,
insomma Tropici e Caldo, senza Messico, senza nuvole.
Io invece andavo al Lido Riccio.
Mi sa che ho sbagliato pubblicità |
Mano
fuori dal finestrino, acchiappando il vento, guardo dal basso del mio metro e un barattolo
il cielo terso e sempre più blu, che ai tempi non era una canzone ma
una tipica domanda scassaminchia per mia madre: “mamma perché il cielo è
sempre più blu? Mangia scimunito!” e
via coppino in testa.
“Non
mettere la mano fuori il finestrino! Che poi passa una macchina in
senso contrario e ti stacca il braccio e poi lo andiamo a raccogliere
a Cuppitell!”
Bravissimo! Quello è un cavallo! Un punto per Antonfabio! |
Pfffff, vabbè,
mi accontenterò del cielo e di parlare a vanvera, facendo domande ed
interventi a vanvera: guarda una pecora, un cavallo, guarda la casa di quello
dell'Inghilterra che viene in vacanza qua come si chiama? Robert. Ah, vero, Bomber. Dov'è l'Inghilterra? È bella l'Inghilterra? Ci andiamo in
Inghilterra?, perché sbagliano a mettere il volante in Inghilterra? guarda un'Alfa Romeo (non so il motivo, ma da bambino
conoscevo tutte le automobili, ora faccio fatica a distinguere una
Punto da una Lamborghini), guarda la vite la vite e la vite l'è
bela.
Lo sguardo di mia madre dice tutto. O per lo meno "come si spegn' fijim".
Poi crollo,
colpito da narcolessia infantile e me schioppo un 10 minuti di sonno,
a mo' di siesta. Sarà che la Volkswagen Scirocco arancione di Zio
Emilio mi culla e mi inonda di brezza e di estate, facendo leva sul nome ventoso.
Arriviamo al
nostro stabilimento, un hotel, l'Hotel Katia, che ha più un nome da
motel di battone sulla strada della bonifica, ma tant'è.
Ho il mio
secchiello e la mia paletta, gli altri tre, mia madre, mio zio e mia
zia tutto il resto, tipo un punto vendita Giochi Preziosi, da portare
preferibilmente con carriola.
Ombrellone.
Domandone.
Posso fare il bagno?
No, devi
aspettare tre ore tre (anche se hai mangiato mezzo tozzo di pane),
devi digerire ché l'acqua è fredda e poi arriva al pancino e ti senti
male, come è successo al (fantomatico) cugino di P'ppin di lu
Firrar (nome fittizio) che è dovuto andare il bagnino a
riacchiapparlo come un pescatore di frodo acchiappa un cannolicchio sotto la sabbia.
Insomma, fin
dagli anni '80, c'è un virtuale cugino scemo di qualcuno (sempre lo
stesso) termine di paragone dell'inettitudine alla vita. Lo stesso cugino scemo che ha perso l'occhio per un pezzo di carta sputato dalla penna, che si è tagliato con le forbici con la punta arrotondata e che una volta è morto.
Non sapendo
quanto siano tre ore, gioco creando piccoli cantieri per la
costruzione di castelli e edifici che hanno tutti una particolarità:
crollano al primo muro abbozzato.
Nulla di diverso
da un vero cantiere italico.
Oppure c'è
l'opzione fare il buco per l'acqua, ovvero dover
scavarescavarescavarescavarescav'resc'v're per trovare l'acqua. Di solito scavo
così tanto che mi vengono a riprendere speleologi di fama
internazionale. Più semplicemente mi alzano dalle orecchie,
un'orecchia per parte, mi' madre e mi' zia e giù mazzate e minacce
sulla possibilità di futuri bagni in mare.
Posso fare
bagno? No. Ora? No.
Pffff. Và,
giochiamo con i mammocci (pupazzi) dei Cavalieri dello Zodiaco,
inventando la saga dei “Cavalieri dello Zodiaco VS i cavalieri
della costellazione dell'arrosticino incattiviti dall'aspettare di
farsi il bagno”.
Mannaggia sanda! Vulem fa lu bagn! |
Oppure ci si ingegna e si cercano bambini che giocano. Io non chiedo di giocare ché mi vergogno e aspetto fermo come uno stoccafisso guardando a testa bassa la sabbia e facendo il bimbone che più speciale non si può.
La scena che si
crea è pressapoco questa (trentesimo secondo di video):
Posso far... NONE! (il none in abruzzese è il rafforzativo del no).
Segue sguardo da
Gatto con Gli Stivali.
Forse mammuzza
cede.
Dai corri fino a
lì e torni qui, fallo per 10 volte.
Dove il lì
corrisponde a circa mezzo chilometro di distanza.
Il piccolo me,
paffutello e già (in)sofferente a qualunque sforzo aerobico, corre corre
corre come un piccolo Foresto Gampo dell'Adriatico, ansimando e
rischiando un prematuro infarto, ché a quanto pare sarebbe più figo
morire a quattro di spade faccia sulla sabbia colpito da collasso
cardiorespiratorio che in mezzo all'acqua sotto i colpi di una
congestione (“Sà mio figlio è collassato in spiaggia. Eroe! Vs
“Mio figlio ha avuto una congestione in mare. Che mezzasega!”).
Bagno bagno bagno bagno bagno |
Quando riesco a
finire la mezza maratona avrei bisogno di sali minerali, invece è
l'agognata ora del bagno. Da fare con l'acqua che ti arriva sugli
stinchi, i “nooooo nell'acqua alta” (il concetto di alto è
molto aleatorio) e con la supervisione di mamma e zia che alla prima
infrazione urlano il tuo nome, facendo sapere a tutta la spiaggia che
hai osato bagnarti i femori.
Finisco il
bagnetto e si mangia o focaccia/pizzetta, comprata poco prima al
forno, o gelato Motta, cercando di ottenere il maggior rapporto quantità/prezzo.
E poi si sta
sotto l'ombrellone, in silenzio, senza trambusto, godendo del mare,
senza selfie alle gambe/wurstel, senza dj e vocalist che te
rincoglioniscono e il divertentismo forzato che ne deriva.
Il mare, la
spiaggia, erano una sorta di spontaneo rifugio del corpo e
dell'anima.
Cerchi pace, la
trovi, ti ristori, ricominci in seguito con la vita non estiva di
sempre.
Poi ovvio che
non tutti vogliono rilassarsi al mare, che non a tutti faccia schifo
la combo dj-vocalist-musica del cazzo a tutto volume.
I gusti son
gusti.
I miei son
questi.
Si sta perdendo (non dappertutto) il
mare come lo conoscevo io.
Quello "lento".
Lo slow
beach.
Tiè senti che
neologismo.