('sta cosa la scrissi due anni fa, in Argentina. Chiaramente è ironica. No, che magari casualmente la trovano e me fanno il culo. Così per non rischiare ribadisco che sono IRONICO e i nomi (che non ci sono), frutti e città sono puramente casuali. Anzi per casualità je cambio il nome della città.)
Benvenuti |
Arrivi
in un Consolato e pensi che sia un posto dove le migliori fini menti
della diplomazia internazionali siano impegnate a risolvere intricati
casi internazionali, in attesa di occupare posti in organizzazioni
tipo Onu Fao Unicef Fifa Uefa.
Non
è proprio così.
O
meglio: di fini menti ne trovi, ma sono qui per UNO “il Ministero
mi ci ha mannato per punizione io manco sapevo ndò stava Fernetlandia (leggero accento romano)” DUE “sono italo-arscentino”.
Prima
cosa che ti dicono: “sai un Consolato è come un Comune, solo che
noi facciamo i Passaporti e paghiamo le pensioni”.
Bene.
Il
Comune del mio paese è composto da un tipo mezzo cieco che non ti
caca di striscio e un altro che sta sempre alla Snai.
Ora,
contando che qui in Argentina di Snai non ne vedo, purtroppo
aggiungerei, ti accorgi che un Consolato è prima di tutto un
passaggio, di funzionari statali, diplomatici, mandati qui, per
punizione o meno, o per motivi di famiglia (era dal quinto superiore
che non scrivevo motivi di famiglia) o meno.
Come
un aeroporto, una stazione, un porto, il lavoro consolare è
aspettare otto anni di andarsene in un posto migliore, è
l'avvicinarsi a casa o l'allontanarsi dalla terra natìa, la sala
d'aspetto di un lavoro più gratificante e più consono alle proprie
qualità. E' come essere 8 anni in fila al casello dell'autostrada
durante il ponte del 1 maggio, per poi scoprire che, passato il
casello, hai altri 8 anni de fila in un altro casello.
Ben
si capisce che questi 8 anni devono essere riempiti di incontri,
amicizie, malelingue e quant'altro.
Ma
andiamo con ordine.
Un
Consolato, il Mio Consolato è composto da due piani.
Un
mondo a parte l'uno dall'altro. Fatto di due tipologie ben distinte
di lavoratori consolari.
Secondo
me sono stati divisi “lombrosamente”: “Tu fammi vedè mpò la
conformazione facciale... giù! Te hai la faccia simpatica... su!”
Secondo
me alcuni del primo piano non sono mai andati al secondo e viceversa.
Secondo
me aspetto il giorno in cui qualcuno mi chieda chi cazz'è questo.
PRIMO
PIANO:
dopo
aver passato la fila chilometrica di aspiranti cittadini italiani e
la guardia (sono 3 diverse tra cui una donna e qua parte il primo
post sciptum, cioè che nell'immaginario collettivo argentino le
donne guardie poliziotto sono tutte lesbiche, mah) che te saluta con
un cordiale cenno del capo, c'è un cortile interno in cui alberi
rigogliosi quanto kitsch che “crescono solo a Cuba ma noi siamo
fregni e l'abbiamo piantato per far rodere il culo al consolato
spagnolo” spadroneggiano.
Superato
il cortile, di mattina popolato dalla donna delle pulizie, hai
davanti a te due porte e due scelte di vita.
Puoi
entrare nella porta a destra, dove passando un metal detector spento
e timbrando il cartellino che io non timbro perché non ce l'ho, sei
nell'ambiente elegante e informale del CONSOLATO ITALIANO GENERALE DI
FERNETLANDIA.
Oppure,
come ho fatto io il primo giorno, nella porta a sinistra denominata
“la porta che se entri sembra la posta, ma che se intuisco che
lavori nella porta di destra ti insulto a prescindere perché aspetto
da anni il mio passaporto italiano”, dove vecchi, uomini, donne e
bambini aspettano, seduti e con le braccia conserte, che il mica
tanto anonimo funzionario statale dica il suo nome e la relativa
Ventanilla,
cioè in quale finestrella mi consegneranno l'agognato passaporto
italiano (o mi diranno, in spagnolo stentato, "maestro qua manca una
carta").
Consigliabile
la destra, dove entrando hai le scale che portano al secondo piano
con di fianco ascensore che fa, piano piano, solo un piano perché
due piani ci sono.
Ma,
dato che si parla di primo piano, pianeggiamo verso l'ufficio
passaporto, che sarebbe un lungo corridoio fatto di finestrelle tipo
ufficio burocratico standard italiano da un lato, e dall'altro di box
con scrivanie e pc. Tutto intorno porte di sicurezza, casomai un
futuro cittadino italiano sbroccasse e gli venisse voglia di dar
fuoco al Consolato.
Il
lavoro col pubblico brulica (tranne il martedì e il primo giovedì
del mese) e noi si brulica verso gli inferi: L'ARCHIVIO.
Penso
che se esistesse un posto dove crocifiggere qualcuno, piuttosto che
la sala mensa, che poi qui ci sono due salette mensa, una per piano,
e sono cucinini stile negozio Ikea, penserei a quello.
Si
ergono qualcosa come 40000 pratiche di italiani d'Argentina vivi e
defunti nel recente passato, tutte in ordine numerico, tutte belle
precise. Ogni tanto se ne perde una e quando chiedi Questa? Ti fanno
la faccia come per dire 'sticazzi.
In
un angolo, schiacciati dal peso della storia dell'emigrazione, ci
sono due scrivanie con i relativi scrivani.
Ma
il bello del primo piano devo ancora arrivare.
Nell'altro
angolo si scorgono delle scale oscure, nel senso che stanno sempre al
buio, che ti portano al super-mega-archivio dell'emigrazione italiana
nel Nord Argentina dall'inizio dell'emigrazione italiana nel Nord
Argentina.
uuuuuuu damme la pratica 16723 uuuuuuuuu |
Una
stanza oscura anch'essa, almeno fino a quando non decidi di accendere
la luce, ma anche con la luce accesa c'è un qualcosa di tetro e di
oscuro. Io mi sono sempre fermato al primo accatasto di pratiche. Non
ho e non avrò mai il coraggio di andare oltre.
Perché
c'è qualcosa, come definirlo, come qualcosa di oscuro che ti prende.
Ed
è un peccato che non ci siano scale e assi di legno cigolanti perché
sarebbe l'ambiente ideale per film horror americani che escono
d'estate al cinema come Zombie
Consolate o
Non Archiviate
Quella Pratica.
SECONDO PIANO
Il magico mondo del secondo piano
fatto di raffinate mobilie, ampie finestre sul tetto, uffici veri e
computer con linea wireless de merda.
Uno dei primi giorni ho passato 3 ore
per aspettare che si caricasse la pagina di Gmail.
Ma, criticone a parte, è il Paradiso
del lavoratore consolare.
Un Wow, appena varcate le scale, vi
verrà spontaneo.
Una sala d'aspetto chic con
poltroncine comode su cui sarebbe un piacere schiopparsi una dormita.
Quadri astratti di artisti emergenti,
litografie della Fontana di Trevi di inizio '900 e odore di
pasticcini e mate nell'aria.
Tre uffici sulla sinistra,
nell'ordine:
- ufficio del Console grande come casa mia, con mobili che se non fosse che non capisco di mobili per me sarebbero dei Luigi IX, Tv via cavo, Pc che sicuramente andrà velocissimo, poltrona, 3-4 sedie con rotelle che ti ci puoi divertire a fare le gare tanto lo spazio c'è e ogni ben di Dio. Se fossi il Console ci vivrei.
- Ufficio segretaria, sobrio ma elegante, con due scrivanie, di cui una perennemente vuota, due telefoni, due fax, appendiabiti nero che snellisce le giacche, e non plus ultra fermacarte della Regione Liguria.
- Ufficio vice-console, con rispettabile libreria fatta di faldoni di non so che, ampia scrivania, scrivania stile cameretta dei bambini con Pc e immancabili quadri che, con piante di indubbio gusto, danno l'idea di un ordine e un'impeccabilità difficile da trovare per esempio, in camera mia.
Sono gli unici uffici con finestre.
Dirimpetto alla triade c'è l'ufficio
dei digitatori, o per meglio l'ufficio della gentilezza.
Sorrisoni ti accolgono ogni volta che
entri, ma anche se non entri ti chiama e ti offre paste, torte, mate,
colliri e battutone sbellicanti.
Inoltre se per caso non hai voglia di lavorare, puoi sempre usufruire di un'ampia libreria che spazia da Calvino al Grande Dizionario della Regione Lombardia.
Inoltre se per caso non hai voglia di lavorare, puoi sempre usufruire di un'ampia libreria che spazia da Calvino al Grande Dizionario della Regione Lombardia.
In più hanno lo scanner e quattro,
dico quattro, stampanti.
Andando oltre, sulla destra, c'è un
corridoio con in prospettiva e nell'ordine, quattro uffici, tutti con
uscite di sicurezza che danno, come direbbe il buon Console, “eja
allla spiagggia”, cioè l'angolo fumatori.
Pensioni, istruzione, agenzia
consolare e contabilità.
Io sono situato nell'agenzia consolare
(anzi siamo due i tirocinanti schiavi), ho fondamentalmente un
ufficio tutto mio (è diviso a metà), col mio pc, la mia connessione
wireless a due all'ora e i miei turni della cittadinanza.
Con questo ritmo di richiesta di
cittadinanza, arriverò a fare i turni fino al 2017 e vedrò con mio
figlio la gente in fila.
Ma
quello che mi piace del Consolato Generale d'Italia di Fernetlandia è la
gente, la buena
onda.
Perché se ogni volta che ti sposti da
un ufficio all'altro, da un ufficio al bagno, da un ufficio al
cucinino, troverai sempre un sorriso, una battuta, un buongiorno, una
pastarella o un mate che ti aspettano per dirti buongiorno o ci
vediamo domani “Supperffabbio”.
Anche il Papa se schioppa il mate (che non c'entra nulla, ma me piaceva la foto) |