giovedì 20 giugno 2013

CONSOLAMOCI

('sta cosa la scrissi due anni fa, in Argentina. Chiaramente è ironica. No, che magari casualmente la trovano e me fanno il culo. Così per non rischiare ribadisco che sono IRONICO e i nomi (che non ci sono), frutti e città sono puramente casuali. Anzi per casualità je cambio il nome della città.)


Benvenuti


Arrivi in un Consolato e pensi che sia un posto dove le migliori fini menti della diplomazia internazionali siano impegnate a risolvere intricati casi internazionali, in attesa di occupare posti in organizzazioni tipo Onu Fao Unicef Fifa Uefa.
Non è proprio così.
O meglio: di fini menti ne trovi, ma sono qui per UNO “il Ministero mi ci ha mannato per punizione io manco sapevo ndò stava Fernetlandia (leggero accento romano)” DUE “sono italo-arscentino”.
Prima cosa che ti dicono: “sai un Consolato è come un Comune, solo che noi facciamo i Passaporti e paghiamo le pensioni”.
Bene.
Il Comune del mio paese è composto da un tipo mezzo cieco che non ti caca di striscio e un altro che sta sempre alla Snai.
Ora, contando che qui in Argentina di Snai non ne vedo, purtroppo aggiungerei, ti accorgi che un Consolato è prima di tutto un passaggio, di funzionari statali, diplomatici, mandati qui, per punizione o meno, o per motivi di famiglia (era dal quinto superiore che non scrivevo motivi di famiglia) o meno.
Come un aeroporto, una stazione, un porto, il lavoro consolare è aspettare otto anni di andarsene in un posto migliore, è l'avvicinarsi a casa o l'allontanarsi dalla terra natìa, la sala d'aspetto di un lavoro più gratificante e più consono alle proprie qualità. E' come essere 8 anni in fila al casello dell'autostrada durante il ponte del 1 maggio, per poi scoprire che, passato il casello, hai altri 8 anni de fila in un altro casello.


"Ti trasferiamo per 8 anni a..." "A?" "sorpresa!"



Ben si capisce che questi 8 anni devono essere riempiti di incontri, amicizie, malelingue e quant'altro.
Ma andiamo con ordine.

Un Consolato, il Mio Consolato è composto da due piani.
Un mondo a parte l'uno dall'altro. Fatto di due tipologie ben distinte di lavoratori consolari.
Secondo me sono stati divisi “lombrosamente”: “Tu fammi vedè mpò la conformazione facciale... giù! Te hai la faccia simpatica... su!”
Secondo me alcuni del primo piano non sono mai andati al secondo e viceversa.
Secondo me aspetto il giorno in cui qualcuno mi chieda chi cazz'è questo.

PRIMO PIANO:
dopo aver passato la fila chilometrica di aspiranti cittadini italiani e la guardia (sono 3 diverse tra cui una donna e qua parte il primo post sciptum, cioè che nell'immaginario collettivo argentino le donne guardie poliziotto sono tutte lesbiche, mah) che te saluta con un cordiale cenno del capo, c'è un cortile interno in cui alberi rigogliosi quanto kitsch che “crescono solo a Cuba ma noi siamo fregni e l'abbiamo piantato per far rodere il culo al consolato spagnolo” spadroneggiano.
Superato il cortile, di mattina popolato dalla donna delle pulizie, hai davanti a te due porte e due scelte di vita.
Puoi entrare nella porta a destra, dove passando un metal detector spento e timbrando il cartellino che io non timbro perché non ce l'ho, sei nell'ambiente elegante e informale del CONSOLATO ITALIANO GENERALE DI FERNETLANDIA.
Oppure, come ho fatto io il primo giorno, nella porta a sinistra denominata “la porta che se entri sembra la posta, ma che se intuisco che lavori nella porta di destra ti insulto a prescindere perché aspetto da anni il mio passaporto italiano”, dove vecchi, uomini, donne e bambini aspettano, seduti e con le braccia conserte, che il mica tanto anonimo funzionario statale dica il suo nome e la relativa Ventanilla, cioè in quale finestrella mi consegneranno l'agognato passaporto italiano (o mi diranno, in spagnolo stentato, "maestro qua manca una carta").
Consigliabile la destra, dove entrando hai le scale che portano al secondo piano con di fianco ascensore che fa, piano piano, solo un piano perché due piani ci sono.
Ma, dato che si parla di primo piano, pianeggiamo verso l'ufficio passaporto, che sarebbe un lungo corridoio fatto di finestrelle tipo ufficio burocratico standard italiano da un lato, e dall'altro di box con scrivanie e pc. Tutto intorno porte di sicurezza, casomai un futuro cittadino italiano sbroccasse e gli venisse voglia di dar fuoco al Consolato.

Il lavoro col pubblico brulica (tranne il martedì e il primo giovedì del mese) e noi si brulica verso gli inferi: L'ARCHIVIO.
Penso che se esistesse un posto dove crocifiggere qualcuno, piuttosto che la sala mensa, che poi qui ci sono due salette mensa, una per piano, e sono cucinini stile negozio Ikea, penserei a quello.
Si ergono qualcosa come 40000 pratiche di italiani d'Argentina vivi e defunti nel recente passato, tutte in ordine numerico, tutte belle precise. Ogni tanto se ne perde una e quando chiedi Questa? Ti fanno la faccia come per dire 'sticazzi.
In un angolo, schiacciati dal peso della storia dell'emigrazione, ci sono due scrivanie con i relativi scrivani.
Ma il bello del primo piano devo ancora arrivare.
Nell'altro angolo si scorgono delle scale oscure, nel senso che stanno sempre al buio, che ti portano al super-mega-archivio dell'emigrazione italiana nel Nord Argentina dall'inizio dell'emigrazione italiana nel Nord Argentina.
uuuuuuu damme la pratica 16723 uuuuuuuuu
Una stanza oscura anch'essa, almeno fino a quando non decidi di accendere la luce, ma anche con la luce accesa c'è un qualcosa di tetro e di oscuro. Io mi sono sempre fermato al primo accatasto di pratiche. Non ho e non avrò mai il coraggio di andare oltre.
Perché c'è qualcosa, come definirlo, come qualcosa di oscuro che ti prende.
Ed è un peccato che non ci siano scale e assi di legno cigolanti perché sarebbe l'ambiente ideale per film horror americani che escono d'estate al cinema come Zombie Consolate o Non Archiviate Quella Pratica.

SECONDO PIANO
Il magico mondo del secondo piano fatto di raffinate mobilie, ampie finestre sul tetto, uffici veri e computer con linea wireless de merda.
Uno dei primi giorni ho passato 3 ore per aspettare che si caricasse la pagina di Gmail.
Ma, criticone a parte, è il Paradiso del lavoratore consolare.
Un Wow, appena varcate le scale, vi verrà spontaneo.
Una sala d'aspetto chic con poltroncine comode su cui sarebbe un piacere schiopparsi una dormita.
Quadri astratti di artisti emergenti, litografie della Fontana di Trevi di inizio '900 e odore di pasticcini e mate nell'aria.
Tre uffici sulla sinistra, nell'ordine:
  • ufficio del Console grande come casa mia, con mobili che se non fosse che non capisco di mobili per me sarebbero dei Luigi IX, Tv via cavo, Pc che sicuramente andrà velocissimo, poltrona, 3-4 sedie con rotelle che ti ci puoi divertire a fare le gare tanto lo spazio c'è e ogni ben di Dio. Se fossi il Console ci vivrei.
  • Ufficio segretaria, sobrio ma elegante, con due scrivanie, di cui una perennemente vuota, due telefoni, due fax, appendiabiti nero che snellisce le giacche, e non plus ultra fermacarte della Regione Liguria.
  • Ufficio vice-console, con rispettabile libreria fatta di faldoni di non so che, ampia scrivania, scrivania stile cameretta dei bambini con Pc e immancabili quadri che, con piante di indubbio gusto, danno l'idea di un ordine e un'impeccabilità difficile da trovare per esempio, in camera mia.
Sono gli unici uffici con finestre.
Dirimpetto alla triade c'è l'ufficio dei digitatori, o per meglio l'ufficio della gentilezza.
Sorrisoni ti accolgono ogni volta che entri, ma anche se non entri ti chiama e ti offre paste, torte, mate, colliri e battutone sbellicanti.
Inoltre se per caso non hai voglia di lavorare, puoi sempre usufruire di un'ampia libreria che spazia da Calvino al Grande Dizionario della Regione Lombardia.
In più hanno lo scanner e quattro, dico quattro, stampanti.
Andando oltre, sulla destra, c'è un corridoio con in prospettiva e nell'ordine, quattro uffici, tutti con uscite di sicurezza che danno, come direbbe il buon Console, “eja allla spiagggia”, cioè l'angolo fumatori.
Pensioni, istruzione, agenzia consolare e contabilità.
Io sono situato nell'agenzia consolare (anzi siamo due i tirocinanti schiavi), ho fondamentalmente un ufficio tutto mio (è diviso a metà), col mio pc, la mia connessione wireless a due all'ora e i miei turni della cittadinanza.
Con questo ritmo di richiesta di cittadinanza, arriverò a fare i turni fino al 2017 e vedrò con mio figlio la gente in fila.

Ma quello che mi piace del Consolato Generale d'Italia di Fernetlandia è la gente, la buena onda.

Perché se ogni volta che ti sposti da un ufficio all'altro, da un ufficio al bagno, da un ufficio al cucinino, troverai sempre un sorriso, una battuta, un buongiorno, una pastarella o un mate che ti aspettano per dirti buongiorno o ci vediamo domani “Supperffabbio”.

Anche il Papa se schioppa il mate (che non c'entra nulla, ma me piaceva la foto)

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