mercoledì 19 dicembre 2012

LA DEMOCRAZIA CORINTHIANA IN PARADISO

Da questa settimana scriverò a titolo gratuito per un giornale gratuito, tipo Leggo, di cui, ad essere gratuitamente sincero, nemmeno ricordo il nome.
Parlerò di calcio. Strano.
Ergo, di solito, quando vedrete sul blog qualcosa sul futbol, è perché agg' scritt n'articolo.




La libertà è una cosa che genera responsabilità, bisogna saper amministrare questi due aspetti. Il calcio è l’unica azienda nella quale il lavoratore è più importante del padrone. Il calciatore può essere osteggiato, limitato, ma alla fine è lui ad avere le carte migliori per cambiare lo stato delle cose. Questa certezza si cementò nello spogliatoio del Corinthians, radici che nessuno è più riuscito a estirpare. Ed è stato un processo che ha aiutato i brasiliani a sollevare la testa e a liberarsi dopo vent’anni dell’oppressore”.

Socrates


Domenica si è giocata la finale del Mondiale per Club, la vecchia Coppa Intercontinentale.
Da una parte il Chelsea di Abramovich, dell'oligarca uscito dal nulla durante il post-comunismo, che ha speso più di chiunque altro negli ultimi 10 anni, rappresentando il dio denaro rapportato al calcio moderno, quel “No Al Calcio Moderno” che abbiam imparato a conoscere. Una squadra costruita comprando i più forti, senza badare al portafoglio.

Dall'altra il Corinthians di San Paolo, il Timao, una delle squadre più popolari del Brasile (più di 30 milioni di tifosi), testimone tra il 1982 e il 1985 di un evento epocale nella storia del calcio: l'esperimento della Democrazia Corinthiana.

Il tentativo di trasformare una squadra di calcio in un organismo in cui tutto (dai pasti, al ritiro, alla formazione, agli stipendi) veniva messo al voto e in cui tutti (il magazziniere, i giocatori, il presidente) avevano la stessa voce in capitolo e lo stesso potere di voto.
Un esperimento socialista di democrazia, negli anni in cui il Brasile era ancora sotto una feroce dittatura. Il Corinthians scendeva in campo con la scritta Democracia sulla maglietta. Vinse due campionati paulisti, ma la vittoria più grande fu quella di essere, in un certo senso, d'esempio per un Popolo che cercava da venti anni la propria libertà (che avrebbe difatti ottenuto di lì a pochi anni).
Portavoce di quella mitica squadra era Socrates, elegantissimo calciatore, famoso per essere militante di sinistra nonché dottore in medicina (da qui il soprannome il Dottore), passato un anno anche a Firenze, con poca fortuna, e morto di un'infezione intestinale, frutto di una vita caratterizzata da fumo ed alcool, il 4 dicembre di un anno fa.

Bene. La partita l'ha vinta il Corinthians 1a0 con gol del centravanti peruviano Paolo Guerrero.

E non è difficile immaginarsi Socrates, ad un anno dalla sua morte, che guarda da lassù la sua squadra, i suoi colori, per sempre ancorati al ricordo di una visione utopistica di vita e di sport.
Li guarda vincere e li saluta col pugno alzato, sorridendo ai nuovi Campioni del Mondo.






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