Da questa settimana scriverò a titolo gratuito per un giornale gratuito, tipo Leggo, di cui, ad essere gratuitamente sincero, nemmeno ricordo il nome.
Parlerò di calcio. Strano.
Ergo, di solito, quando vedrete sul blog qualcosa sul futbol, è perché agg' scritt n'articolo.
“La
libertà è una cosa che genera responsabilità,
bisogna
saper amministrare questi due aspetti. Il calcio è l’unica azienda
nella quale il lavoratore è più importante del padrone. Il
calciatore può essere osteggiato, limitato, ma alla fine è lui ad
avere le carte migliori per cambiare lo stato delle cose. Questa
certezza si cementò nello spogliatoio del Corinthians, radici che
nessuno è più riuscito a estirpare. Ed è stato un processo che ha
aiutato i brasiliani a sollevare la testa e a liberarsi dopo
vent’anni dell’oppressore”.
Socrates
Domenica si è giocata la finale del
Mondiale per Club, la vecchia Coppa Intercontinentale.
Da una parte il Chelsea di Abramovich,
dell'oligarca uscito dal nulla durante il post-comunismo, che ha
speso più di chiunque altro negli ultimi 10 anni, rappresentando il
dio denaro rapportato al calcio moderno, quel “No Al Calcio
Moderno” che abbiam imparato a conoscere. Una squadra costruita
comprando i più forti, senza badare al portafoglio.
Dall'altra
il Corinthians di San Paolo, il Timao,
una delle squadre più popolari del Brasile (più di 30 milioni di
tifosi), testimone tra il 1982 e il 1985 di un evento epocale nella
storia del calcio: l'esperimento della
Democrazia Corinthiana.
Il tentativo di trasformare una
squadra di calcio in un organismo in cui tutto (dai pasti, al ritiro,
alla formazione, agli stipendi) veniva messo al voto e in cui tutti
(il magazziniere, i giocatori, il presidente) avevano la stessa voce
in capitolo e lo stesso potere di voto.
Un
esperimento socialista di democrazia, negli anni in cui il Brasile
era ancora sotto una feroce dittatura. Il Corinthians scendeva in
campo con la scritta Democracia
sulla maglietta. Vinse due campionati paulisti, ma la vittoria più
grande fu quella di essere, in un certo senso, d'esempio per un
Popolo che cercava da venti anni la propria libertà (che avrebbe
difatti ottenuto di lì a pochi anni).
Portavoce
di quella mitica squadra era Socrates, elegantissimo calciatore,
famoso per essere militante di sinistra nonché dottore in medicina
(da qui il soprannome il
Dottore),
passato un anno anche a Firenze, con poca fortuna, e morto di
un'infezione intestinale, frutto di una vita caratterizzata da fumo
ed alcool, il 4 dicembre di un anno fa.
Bene. La partita l'ha vinta il
Corinthians 1a0 con gol del centravanti peruviano Paolo Guerrero.
E non è difficile immaginarsi
Socrates, ad un anno dalla sua morte, che guarda da lassù la sua
squadra, i suoi colori, per sempre ancorati al ricordo di una visione
utopistica di vita e di sport.
Li guarda vincere e li saluta col pugno alzato, sorridendo ai nuovi Campioni del Mondo.
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