(Premessa)
Visto
che 'na freca di gente sta scrivendo un diario del proprio cuoricino
su questa quarantena, anch'io prima mi sono detto “ma scin,
riiniziamo a scrivere qualcosa, riprendiamo la mano, lu pc e il
programmino gratuito con cui tanto tempo fa scrivevo e facciamolo
digitando parole un po' in italiano, un po' nel dialetto cchiù bell
del mondo ovvero l'abruzzese, un po' mischiando parole forbite, un
po' scrivendo al modo de li cazzi mia."
Un mero esercizio stilistico. Giusto per usare il termine mero.
Un mero esercizio stilistico. Giusto per usare il termine mero.
Sapevatelo
che significa mero?
Sapevatelo
che si può abbinare alla parola vino?
L'avete
mai bevuto un vino mero? Avete bevuto più vini meri o vini neri?
Sapevatelo
che c'è un rapper turco/tedesco che si chiama Mero? Secondo voi, è
il diminutivo di Carmero? Secondo voi, berrà più vino mero o vino
nero?
il rapper Carmero, detto Mero, ci fa conoscere la sua cumpa indaghetto e va a trovare il cugino Vihtoh in carcere
Come
avete potuto notare, sono le domande che un po' tutti noi ci facciamo
da oramai una decina di giorni.
Giorni
di epidemia, giorni di stetv' a la cas', giorni di pensieri a ruota
libera, giorni di mo che minchia faccio, giorni e, soprattutto, di mo
che minchia magno.
(Postmessa)
Ognuno
di noi si sta (ri)creando un propria quotidianità, una ritualità
casalingua fatta di piccoli gesti, nel senso che non è che si
possano fare chissà quale azioni, di piccole cose, tipo il
telecomando, di piccole camminate, giusto per comprare i Maxibon e i
Fonzies ché, porca troia, nemmeno ti puoi leccare le dita, e quindi,
mannaggia sanda, di minuscoli godimenti, come quando ti gusti una
scarpetta di sugo fatta con tanta cura e, simultaneamente, hai il
sopracciglio arquato alla Ancelotti per paura che prendi il virus e
allora opti per l'amuchina sul pane a mo' d'olio d'oliva.
Mere
piccolezze.
toglietemi tutto, ma nin mi tucchet la scarpetta
E
indi per cui, per non scrivere di già la Divina Commedia, mi
concentrerò oggi sul mero cibo.
Io,
meramente, oltre al mangiare come gli scroffelloni (non mi chiedete
il significato, ma lo sentivo da piccolo e rende l'idea), mangio
nichel free, che non consiste purtroppo nel ingurgitare cibo e urlare
contro il cielo NI-CHEL LI-BERO.
Circa
una settimana prima della fine del mondo, ho scoperto di essere
allergico al nichel, nello specifico, da una scala che va da un
punteggio di uno a un punteggio di quattro/cinque, io ho due punti, appena sopra la zona retrocessione: il Morandini
dell'allergologo per i due punti di freefreenichelogia consiglia
“almeno le cose più nichelose non le mangiare, jamm su”.
I
cibi con più nichel sono: i cibi in scatola (e grazie ar ca') i
legumi (e addio sagn' e fasciul), la frutta secca (e addio nocelle
alla Madonna del Rosario), pomodoro concentrato (ma non addio alle
conserve da giù, che, parole del dottore, “le conserve da giù come
Casa Surace le può mangiare”), l'avena (addio alle sigle di Bim
Bum Bam) e il cacao e i suoi derivati (arriverci amore ciao le
gocciole extra dark sono già un po' più là, tipo nel sacco della
monnezza).
...E NOI AL KINDERBUENO LO MENAMO! LO MENAMO LO MENAMO!...
Semaforo
verde fondamentalmente per pane (farina 00), pasta e carne.
Per
la gioia dell'omino del carboidrato che è in me.
Il
resto, con moderazione, senza esagerare, con umilté.
L'imbarazzo
ora deriva dal fatto che non è che stai tre ore al supermercato a
valutare e soppesare qualunque prodotto.
Quando
si poteva fare la spesa, te 'o ricordi signo'?, mi bloccavo decine di
minuti nel reparto prima colazione, come un baccalà, a leggere gli
ingredienti degli Oro Saiwa, che nemmeno me piacciono: “5% farina
di frumento. No. Biscotti al kamut. No. I Baiocchi. Non ce la faccio,
troppi ricordi.”.
E
scappavo piangendo verso la gastronomia.
Ora
ogni tornata al supermercato, oltre ai cazzoguardi lanciati al
prossimo e i nonmitoccare mentali, è come il fil rouge di giochi
senza frontiere: elenco spesa studiato a tavolino, con numeretto che
indica la successione dei reparti e trois deux un fiiiiiiiii si parte
cercando di fare il giro del Despar nel minor tempo possibile, sennò
i cazziatoni fanno il fumo.
“I
Kinder Pinguì non li puoi mangià! Moviti! Daje con 'ste birre,
'mbriacone!”, e via schiaffone sul mero cozzetto.
Dennis, Fabiotiberio gioca il jolly
Il
vantaggio di stare in casa è che si potrebbero organizzare scientificamente
le colazioni, i pranzi, le cene e gli spuntini (rendendoti conto,
dopo decenni, che esistono), se non fosse che la variabile spuntino,
detta variabile (puh°), è lì a sballare ogni
velleità di illuminismo nutrizionista.
Coppe
del Nonno, gelati al limone, patatine, Haribo, Camparini Soda a tutte
le ore, pizze surgelate che poi mi prende male ad ordinarle e non
riuscirei a guardare in faccia quei poveri cristi che te le portano,
anghe p'cché non li posso nemmeno guardare in faccia.
La
variabile (puh°) è quella che ti inciccionisce, quella che
ti ingrandisce le ossa e la costituzione, quella variabile, un po'
incognita, un po' bastarda, che ti fa cantare All by myself mentre
guardi un documentario di Raistoria su Badoglio.
Allo
stesso tempo, la variabile (puh°) ti rende la
permanenza coatta a casa, certo un po' più coatta, ma più dolce. Ti
levi sfizi e mangi le schifezze che vuoi, tanto a me
checcazzomenefregaame ci shta Enrico Papi che fa azzeccare le età
delle genti.
secondo me la signora ha 64 anni
Resta
il fatto che, nichel o meno, glutine o meno, veganesimo o meno,
pastafarianesimo o meno, alcolismo o meno, mero o meno, o mangio o
meno, ingrasseremo tutti, e io sto già un pezzo avanti.
Ma,
ingrassando tutti, non ingrasserà nessuno.
Panzoni
d'Italia, unitevi. Meramente.
Mi piacev 'a nutella, gelat co' a pann', e merentini in quantitààààà