Un
viaggio massacrante, un viaggio della speranza, una viaggio della
passione. Si, magari viaggio della passione è più appropriato. Una
passione illogica per una squadra di calcio.
Detta
cosi non ha molto senso. Andiamo con ordine.
Per la
prima volta nella mia vita decido di seguire la Roma (si la Roma, non
lu Milan la Juvents o L'Inder, come si direbbe da me in Abruzzo), in
trasferta europea.
Londra,
25 febbraio 2009, si gioca Arsenal – Roma, ottavo di finale di
Champion's League (ah la vecchia Coppa dei Campioni, sospirone).
Col
fido compagno giallorosso Jona, decidiamo di farci assolutamente
questa trasfertona.
Organizzare
una trasferta europea risparmiando è una impresa.
Tifosi
che controllano in diretta i sorteggi per prenotare voli Ryanair in
super offerta, Ryanair che simultaneamente alza i prezzi dei voli
Roma-Londra, Monaco-Lisbona, Manchester-Orio al Serio basandosi sui
sorteggi, file per i biglietti che iniziano il pomeriggio del giorno
prima della vendita e biglietti che si esauriscono in 15 (15!!!)
minuti.
Fortunatamente
noi il problema aereo l'abbiamo risolto efficacemente: decidiamo di
fare scalo a Francoforte Hahn (io partendo da Orio e Jona da Roma),
per poi raggiungere Londra in un secondo momento. Ritorno: io volo
diretto da Luton alle 6:35 di mattina (7 ore dopo la fine della
partita), Jona utilizzando il diabolico scalo Frankfurtese (partenza
20 ore dopo la fine della partita).
Prezzo
io 10 € a/r, Jona poco di più.
Efficace
no? Si. 'Na cifra. Ma non lasciatevi ingannare ingenui lettori.
Lo
schema seguente esplicherà le tappe del viaggio:
FABIO:
- 22 febbraio: Partenza da Bologna, col mio zainetto pseudo-peruviano in spalla, sciarpetta della Roma ancora nello zainetto pseudo-peruviano, domenica 20 febbraio alle ore 11:08 con l'unico espresso rimasto per Milano. Arrivo alle ore 13:20.
- Soggiorno domenicale nella ridente Cassano d'Adda ospite da Cicci, serata tranquilla e a letto presto.
- 23 febbraio: Partenza da Orio al Serio alle 8:35, direzione Francofort Hahn. Arrivo alle ore 10.
- Pomeriggio a Francoforte. Partenza per Londra Stansted alle 23:20, arrivo alle 23.40 (“Staminchia, ci vogliono 20 minuti”, no c'è il fusorario). Pernottamento a Stansted Airport.
- 24 febbraio: Partenza per Londra Centrale alle 6:30. Arrivo 1h20' dopo. Giornata a Londra, pranzo al sacco. Partita.
- Dopo partita treno per Londra Luton alle 23:00, arrivo 1h dopo. Pseudo-pernattomento a Luton Airport.
- 25 febbraio: Partenza alle ore 06:35, arrivo a Orio al serio alle 9:30 (sempre la storia del fuso).
- Partenza col primo Espresso disponibile per Bologna, ore 12:20.
- Arrivo a Bologna, ore 14:45
- Arrivo a casa mia, ore 15
- Arrivo a letto, ore 15:03
Quindi:
DURATA
VIAGGIO: 79 ore, 4 giorni 3 notti.
CHILOMETRI
MACINATI: 3635 km (non contando i chilometri a piedi)
PREZZO
COMPLESSIVO: 170 €
ORE DI
SONNO: 12 in tutto
Dopo
una domenica tutto sommato normale, arrivo lunedì mattina a
Frankfurt Hahn, patria del noto “panino con i wrustrel quelli
lunghi che non ce la fai a mangiarli”
(http://it.wikipedia.org/wiki/Würstel).
Mi cambio la sciarpa e aspetto i romanisti in arrivo da Ciampino, tra
cui Jona. Qui arriva un aereo carico di romanisti che sì, fanno
scalo come me, ma che hanno l'aereo per Londra subito dopo il loro
arrivo a Francoforte. Quasi un aereo intero che scappa dal terminal
arrivi a quello partenze.
Noi ce
la prendiamo con calma. Ci accodiamo ad altri 3 ragazzi di Roma che
fanno il nostro stesso viaggio. Rimarremo con questa formazione fino
alla fine.
Decidiamo
di andare in giornata a Francoforte. Torniamo giusto in tempo per
prendere l'aereo per Londra Stansted.
Secondo
i dettami del giovane vagabondo, dormiamo in aeroporto per 2/3 ore e,
sul far del giorno, raggiungiamo Londra Centrale.
Abbiamo
poco tempo per visitare qualcosa.
Parte
quindi, da buoni maniaci del pallone, il “Tour Stadi di Londra”.
Nell'ordine:
visita all'Emirates Stadium, Highbury (che stanno trasformando in un
residence con tanto di giardino interno al posto del campo di gioco),
Stamford Bridge e Craven Cottage.
L'Emirates
Stadium , situato a 100 metri dalla fermata della metro Arsenal, è
una bomboniera. Da fuori sembra un albergo a 5 stelle.
Veniamo
accolti da una trentina di romanisti sprovvisti di biglietti che
aspettano invano che aprano i botteghini. Ci chiedono di toglierci le
sciarpe perché “sennò ce riconoscono”. Famo, cioè facciamo un
giro allo shop, e, avviandoci per Highbury veniamo avvicinati da un
losco figuro, che ci offre 2 abbonamenti dell'Arsenal per vedere la
partita.
Caso
vuole che i nostri compagni di viaggio aspettino altri due amici
sprovvisti di biglietto che arriveranno nel pomeriggio. Quindi
combiniamo l'affare per loro.
Penso
di essere nel set di “Febbre a 90”. La strada che porta ad
Highbury, nell'omonimo quartiere, è un continuo di casette a schiera
e anziane che annaffiano i fiori e ti salutano dicendo
“Gooooodmorning” (risposta: “'giorno signòòò). La
desolazione nel vedere uno degli stadi più belli inglesi che diventa
un residence è totale.
Lo scempio |
Manca
il resto.
Raggiungiamo
Stamford Bridge, ambiente ostile, anche perché ci sono gli juventini
che gironzolano intorno allo stadio (il Chelsea è anche gemellato
con la Lazie).
Ecco, lo stadio è ristrutturato. Nuovissimo. Un bel “palazzo”
anche questo. Ma non è quello che ci aspettavamo.
Classico
giro al Chelsea shop, con le foto di Scolari e Sheva (forse i
manifesti non sono molto aggiornati) e poi via verso Craven Cottage,
stadio di proprietà del Fulham, situato nello stesso quartiere di
Stamford Bridge.
Craven Cottage è quello che si può dire un VERO STADIO INGLESE. Benchè
ristrutturato, mantiene un'atmosfera Old
Style,
romantica in un certo senso, che fa tanto
“calciodiunavoltachenonc'èpiu”. Chiamato cosi perché
all'interno ospita un cottage (un cottage!!!, impensabile), da dove
si può ancora guardare la partita, Craven Cottage è immersa in un
parco della periferia londinese, presenta mattoncini rossi sulla
facciata, i seggiolini in legno, i piloni di supporto che non ti
fanno vedere la partita (tipo Vicenza o Perugia), e poi una struttura
sovrastata dall’insegna con il nome del club.
Peccato
che non ci abbiano fatto entrare perché c'era la F.A. Cup la sera. A
nulla sono valsi i nostri magheggi con le receptionist e gli steward
davanti ai cancelli (perle come “we are journalist of il
Romanista,
we're writing about Vincenzo Montella. Do you know Vincenzo
Montella?”).
Inflessibili.
Ci
siamo accontentati di sbirciare da fuori e qualcosa l'abbiamo visto.
O almeno mi sono reso conto che uno stadio cosi non lo (non) vedrò
da nessun altra parte.
Poi,
dopo aver visto Camden e Piccadilly (almeno questo dovevo vederlo),
ci dirigiamo belli gasati, ma anche belli sfiancati, all'Emirates
Stadium. Sono le ore 18 locali.
Siamo
attorniati da nugoli, da sciami di tifosi della Roma, che per tutto
il nostro breve soggiorno a Londra non abbiamo mai smesso di
incontrare. In ogni fermata della metro. In periferia. A Camden. A
Piccadilly. Dappertutto. Molti chiedevano se avevamo qualche
biglietto in più. Moltissimi. Secondo me un migliaio di persone non
l'aveva sto biglietto.
Arrivati
nei dintorni dello stadio, ci dirigiamo verso il nostro settore,
tutto nella massima tranquillità e pensavo: “ma quanti ne siamo?
Ammazza siamo solo romanisti. Ma ndo stanno quelli dell'Arsenal?”.
Ho
scoperto, in seguito, che qua in Inghilterra entrano tutti al fischio
d'inizio. Lì tutti si sfondano di birra nei pressi dello stadio fino
all'ultimo e se non stanno fuori sono nel baretto all'interno (ma
senza birra).
C'è
già un bella fila. Un migliaio di romanisti che si accalcano già,
cantando a squarciagola. In mezzo, la polizia inglese a cavallo, con
dei cavalli alti 4 metri credo, tra un po arrivano al primo anello.
Entriamo
tra qualche spintone, ma niente di che. I controlli ai tornelli sono
blandi, più o meno come in qualunque stadio di provincia italiano (a
me nemmeno lo zaino hanno controllato).
Il
motivo di questa apparente scarsezza di controlli è che dentro
lavorano 800000 steward che guadagnano lo stipendio controllando i
tifosi.
Appena
vedono qualcosa che non va, ZACCHETE!, intervengono. Per esempio: ti
vuoi fumare una sigaretta? ZACCHETE! Minacce del tipo “o la butti o
vai fuori”. Gente che fumava nei cessi, come a scuola, e che veniva
ripresa, altri che si nascondevano sotto i seggiolini fumando. Scene
da delirio (“oh ce sta? Daje puoi fumà nte stanno a guardà”).
Gli
steward del secondo anello, se notano qualcosa di strano comunicano
con quelli del primo (dove eravamo noi). Poi parte il raid e il
cazziatone.
In
uno stadio moderno inglese, oltre agli steward bacchettoni (che fanno
solo il loro lavoro sia ben chiaro), puoi scoprire:
- Seggiolini monocromatici rossi modello cinema, foderati in pelle, che nemmeno al Teatro delle Vittorie
- Il Bar dello stadio che vende acqua (la birrettina no) e hot dog alla modica cifra di 5 pounds
- L'idea di cosa sia un prato all'inglese o di cosa voglia dire l'espressione “prato di stadio inglese”. Avevi voglia di tuffarti.
- L'inno dell'Arsenal. Un vero insulto agli inni, che anche i loro tifosi si rifiutano di cantare. In confronto l'inno del Milan di Tony Renis è You'll Never Walk Alone.
- Il Bingo. Tra il primo e il secondo tempo c'è l'estrazione di una lotteria con tanto di speaker esaltato che dice fiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiveeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee al posto di five o eiiiiiiiiiiiiiighty-threeeeeeeeeeeeeeee al posto di eighty-three. Il lotto alle otto.
Lo
stadio è iper-confortevole, iper-funzionale, iper-bello. Ma è iper:
non sembra quasi uno stadio, è un teatro. Una banalità magari, ma
rende bene l'idea.
Tecnicamente
si dovrebbe stare seduti al proprio posto assegnato dal biglietto.
Noi non l'abbiamo fatto per esempio (né seduti, né al proprio
posto), ma in questo caso già sai che nessuno reclamerà. Mi hanno
detto che a Manchester non era cosi, ma in questo caso la situazione
era più che tranquilla.
I
tifosi locali, sono invece belli seduti, per la maggior parte del
match in rigoroso silenzio. Solo due/tre squarci (impressionanti a
dir la verità) in 2 ore.
Sembra
che il pubblico sia assuefatto a questa comodità, a questa agiatezza
rarefatta, che sembra reale , ma che alla fine rende alienato e
alienante. Individuo in mezzo a tanti individui. Insieme sugli spalti
solo fisicamente. Non è con gli altri il “dodicesimo uomo in
campo”. Abituato ad andare al teatro-stadio, segue regole che non
ha mai pensato di seguire per una partita di calcio, ha cambiato
abitudini che non avrebbe mai pensato di cambiare e si è stupito di
quando gli hanno detto che non avrebbe visto più la sua squadra del
cuore nel suo stadio, ma in un altro, più bello più funzionale più
confortevole più iper.
Arriveranno
anche in Italia. E magari rimpiangeremo molti stadi (il Delle
Alpi no).
Ma anche no.
Finisce
il match. Usciamo, dopo essere stati cacciati dagli steward (lì dopo
20 minuti chiudono tutto, devi
d'annà fori).
Io saluto Jona e gli altri, che rimarranno la notte a Londra, e mi
avvio verso l'aeroporto di Londra Luton.
In
seguito a varie vicissitudini e a vari mezzi di trasporto (mi mancava
giusto la nave) arrivo a Bologna 17 ore dopo il fischio finale di
Roma-Arsenal.
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